Yi-An, i suoi giovani genitori e il nonno, vivono in un’ampia casa, minimalista, in città, ma la loro vita non è serena. Il piccolo, di circa sei anni e dal taglio di capelli a scodella, è convinto di aver vissuto una vita precedente. I suoi ricordi sono vividi e dettagliati, ma nessuno sembra credergli. I compagni di scuola lo deridono, la maestra preoccupata consiglia di portarlo da uno specialista e, infine, il padre non comprende il suo comportamento. Yi-An può solo contare sulla madre, che fa di tutto per cercare di vedere felice quel figlio sempre cupo, pensieroso e solitario.

La famiglia infatti entra in crisi poiché il padre, ostinato, non accetta aiuti esterni e carica sé stesso e la compagna di ulteriori problemi; specialmente quando il nonno di Yi-An si ammala. La coppia, non riuscendo a comunicare, è quindi costretta a separarsi. Nei mesi (che paiono un’eternità) in cui i genitori del “pesce fuor d’acqua” vivono separati, questi sono costretti ad affrontare, in solitudine, un maggior carico di problemi.

A Fish Out of Water di Lai Kuo-An ha una scansione temporale insolita, fatta di continui salti nei ricordi: quelli di Yi-An che vengono solo raccontati a parole e quelli dei genitori, che si alternano e in cui lo sguardo della macchina da presa sprofonda nella loro più intima coscienza. Iniziando dai flashback peggiori, il film si avvia verso un lieto fine, che è  - più probabilmente - un lieto inizio. Se al principio Yi-An è sottoposto ad analisi di psichiatri che “vogliono studiarlo come una cavia”. Nel suo sviluppo si scopre che la madre, lottando contro tutti e soprattutto contro sé stessa, riesce a coronare il sogno del piccolo E.T.: che vuole tornare nella “vecchia casa, di pescatori, sul mare”, dalla “vecchia mamma”.

Il regista taiwanese, presente alla proiezione, ha raccontato che l’idea è tratta dalla vita di un suo amico, ma durante la stesura dello script il padre aveva iniziato a stare male. Così ha deciso di attingere anche dal proprio bagaglio di conoscenze e da quei ricordi finiti nel dimenticatoio. Lai Kuo-An voleva che A Fish Out of Water si rivolgesse anche alle vite, ed alle esperienze, dei suoi spettatori e che ciascuno riuscisse a trovare, in quel puzzle di memorie, qualche ritaglio di sé.

Sicuramente il finale è ciò che rimane più impresso, poiché i salti temporali non sono evidenziati in alcun modo. Dettaglio che può essere visto in maniera o negativa o positiva. Se però si pensa che i ricordi non sono mai perfetti e lineari, ciò che risulta dal film è un’idea di temporalità che pare almeno avvicinarsi all’esperienza reale, e in cui lo svolgimento degli eventi può essere allo stesso tempo passato, presente e futuro: esattamente come i ricordi del piccolo Yi-An.