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“Naples au Baiser de Feu” e la bestia a carbone

Nella quieta oscurità della Piazzetta Pasolini un’immensa macchina metallica riflette i raggi della luna e, come gli occhi gialli rivelano la presenza di una bestia nascosta nella sua tana buia, s’illumina sulla parte anteriore della luce di una piccola lampadina. C’è un silenzio tombale nell’aria serale, interrotto in pochi istanti da qualche colpo di tosse. Ad un tratto inizia una dolce melodia nata dalle corde di una chitarra nascosta, che, accompagnata dalle parole drammatiche di una serenata, porta l’immaginazione alle coste napoletane e alle atmosfere leggere del crepuscolo. Sembra sentire il vento della sera che soffia contro i meschini palazzi affacciati con le loro finestre illuminate dal fuoco domestico sulle strade del porto.

“Naples au baiser de feu” al Cinema Ritrovato 2018

Sole cocente, cicale, onde marine e sospiri rubati. Questa è l’esperienza uditiva che si prova guardando Naples au baiser de feu (1925) film francese, girato a Napoli da Serge Nadejdine. Didascalie francesi, ‘core napoletano e regia russa sono un connubio riuscitissimo. Nadejdine evidentemente si era innamorato del panorama partenopeo, tanto da ambientare la maggior parte delle scene en plein air, accarezzato dal vento marino mentre riprendeva Antonio Arcella (un Georges Charlia pieno di pathos) suonare il violino. Non solo il mare, ma anche i vicoli di Napoli attirarono la sua attenzione, con una particolare predilezione verso le scalinate labirintiche della città, le ampie balconate, i ristoranti all’aperto e i muretti in riva al porto.