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“Mia” di nome e di fatto

Ivano De Matteo (al suo settimo lungometraggio) incentra la narrazione su due tematiche: il possesso e i luoghi comuni. Mia non è solo il nome della giovane quindicenne, è anche la rappresentazione di un’idea di appartenenza continuamente ribadita. “È mia, non più tua”, dice Marco a Sergio quando – ormai – pensa di aver acquisito il diritto di rivendicare il suo dominio. Il nome della ragazza, poi, viene ripetuto incessantemente, come a voler insistere sull’idea, in parte anche esasperandola.

Dietro la porta chiusa. “Villetta con ospiti” e le bestie feroci

Restio alle tendenze di mercato, Ivano De Matteo prosegue e difende una propria idea di cinema, capace di guardare con distacco ma senza estraneità alle dinamiche relazionali nella società nazionale, mettendone in evidenza i limiti e i più meschini atteggiamenti che portano i protagonisti ad agire sempre, prima di tutto, per il proprio tornaconto (Ultimo stadio, La bella gente). Nucleo centrale delle sue narrazioni è la famiglia, alveo protettivo che spesso cela – dietro parvenze di normalità – difficili nodi interiori (Gli equilibristi, I nostri ragazzi, La vita possibile). È questo il caso anche dell’ultimo Villetta con ospiti, dramma da camera che per costruzione e meccanismi crea un curioso parallelo col recente Parasite di Bong Joon-ho.