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“Lubo” nel nome del figlio

Figli inascoltati, figli da ritrovare, figli da riconoscere, figli da redimere. Nell’affrontare la Seconda Guerra Mondiale Giorgio Diritti ci aveva già donato un’efficacissima immagine nel miracolo della parola da parte della bimba muta ne L’uomo che verrà. L’attesa per una paterna redenzione dei figli ritorna anche in Lubo e ancora una volta il regista bolognese aggira il thriller con una messa in scena rigorosa che prolunga i tempi per immergerci nella percezione del protagonista.

“Volevo nascondermi” e l’impossibile appartenenza

Rivedendo la cinematografia di Giorgio Diritti alla luce del suo ultimo film, quello che pare emergere complessivamente, oltre al profondo senso etico, è una visione tragica sull’insolubile conflitto tra il diverso e la comunità. Da un film all’altro viene ripresa una riflessione sull’animo non solo omologante, ma anche predatorio e ferino del branco umano, che non si limita a espellere chi ne altera gli equilibri, ma ne distrugge anche i suoi componenti più fragili. Non c’è messa in mostra di una conciliazione tra le parti, perché non viene data possibilità di riscatto ai più deboli. C’è piuttosto la presa di coscienza dell’animo spietato e egoistico che dirige le azioni umane in molteplici contesti.

“Scuola in mezzo al mare” a Visioni Italiane 2018

Scuola in mezzo al mare è un’associazione nata a Stromboli nel 2011 per sviluppare una rete di solidarietà sociale a sostegno dell’istruzione e della socializzazione. Poiché la scuola pubblica è l’unica agenzia formativa presente sull’isola ma al contempo non vi sono insegnanti residenti, un gruppo di volontari dedica del tempo all’educazione dei bambini isolani, che non hanno altre possibilità di trascorrere le giornate se non esplorando un territorio vuoto d’inverno e sovraffollato d’estate. Per superare i limiti imposti dall’isolamento, le mamme si prendono carico di una situazione dominata dalle forze della natura: basta un mare agitato per impedire l’arrivo dell’aliscafo – e quindi l’emarginazione – e la quotidianità stromboliana è qualcosa quasi d’inspiegabile a coloro che non vivono in quella terra sormontata dal vulcano.