Lorenzo Ciofani
Il monologo smisurato di “Molly’s Game”
Non si riesce ad immaginare per Molly un corpo che non sia quello di Jessica Chastain: il fisico minuto e la credibilità mimetica con cui si cala nel ruolo confermano la tensione muscolare dell’indimenticata eroina di Zero Dark Thirty. Con un background simile, Aaron Sorkin si butta a capofitto in un monologo smisurato, esaltando come al solito il potere della parola per ripensare la narrazione (auto)biografica di una donna apparentemente prigioniera della sua immagine pubblica, stampata sulla copertina del bestseller, ed intimamente desiderosa di dare fiducia a certe imprevedibili sensibilità.
“La casa sul mare” e l’Europa che verrà
Come sempre, Guédiguian misura il mondo secondo il metro della sua patria, Marsiglia, e per di più sceglie un titolo che indica precisamente il desiderio di accoglierci in un privilegiato universo narrativo e geografico. Benché qui non varchi quasi mai i confini di una zona piuttosto circoscritta, continua a parlare di quell’accogliente città portuale ed operaia che ormai vive solo nei suoi ricordi. Se già nel cupo e rapsodico La ville est tranquille (2001) era centrale il mutamento antropologico di una popolazione contaminata dal neofascismo, i germi del dubbio toccavano perfino gli umili e gentili proletari de Le nevi del Kilimangiaro (2011), chiamati a confrontarsi con i contraccolpi più concreti che una crisi economica può provocare in un’operosa e solidale comunità. In una stagione dominata da revanscismi e crisi ideologiche, Guédiguian mette in scena il privato per rinsaldare il suo sguardo militante e dire due o tre cose sulla famiglia, il passato, l’Europa che verrà.