Da Sissi a Pupe dell’episodio Il lavoro di Luchino Visconti in Boccaccio '70, da Leni in Il processo di Orson Welles a Marianne in La piscina di Jacques Deray, fino a indossare nuovamente i panni dell’Imperatrice Elisabetta d’Austria in Ludwig di Visconti, Romy Schneider è rimasto un volto indimenticabile per tutti gli appassionati di storia del cinema. È impossibile non conoscere almeno una delle sue molte facce, ma quello che il documentario di Patrick Jeudy vuole mostrare è la Romy che nessuno ha mai pensato. Una donna, una magnifica attrice, che una sera decide di raccontare la verità su se stessa alla giornalista femminista, tedesca come lei, Alice Schwarzer: fondatrice della rivista “Emma”.

Le verità che emergono sono sconvolgenti per un pubblico abituato a vederla sia come la tenera e sensibile Sissi, sia come la charmant Romy. L’intervista ripercorre alcuni dei momenti salienti della vita dell’attrice. Si inizia dal racconto del suo ruolo come ingenua sedicenne nei pani di un’Imperatrice, guidata da una madre avida e narcisista e affiancata da un padre che lei stessa descrive come: “He was never a father, never. It was a joke. He was a flirt. He was…wonderful, with a great sense of humor, very odd, very handsome, but he wasn’t a father. […] But I loved him all the same.”. Romy Scheider racconta alla Schwarzer, in quell’intervista rimasta per trentacinque anni in un cassetto, del rapporto filonazista dei suoi genitori, dell’insofferenza provata nei confronti del suo stesso paese e della sua lingua madre. Romy Schneider decide infatti di narrare del suo amore tormentato con Alain Delon, del primo marito Harry Mayer, del contratto con Hollywood di tre anni, della passione per il lavoro sui set cinematografici e sui palchi teatrali, dei suoi ruoli, delle paure, dei tormenti e dei sogni e lo fa nella sua lingua del cuore: il francese.

Conversation avec Romy Schneider è ricco di contenuti meravigliosi e di documenti affascinanti legati bene fra loro dall’intervista del 1976 e da quella più recente di Jeudy a Alice Schwarzer. Il film ha però un animo didascalico che tende ad essere opprimente agli occhi dello spettatore. La voce narrante è infatti fastidiosa e ridondante in quanto le immagini e la documentazione, precisa e dettagliata, parlano dà sé grazie anche ad un buon uso del montaggio. Conversation avec Romy Schneider porta luce su una donna oscurata dalla sua stessa malinconia o come Visconti l’aveva descritta “le spleen germanique”. È quindi una donna “rotta” e completa allo stesso tempo, come ci mostra la bella dissolvenza incrociata su un puzzle, prima a pezzi poi integro, del suo volto. Alice Schwarzer sottolinea la doppiezza della personalità della Scheider dominante e sottomessa, molto debole e molto forte, sicura di sé e insicura, ed anche la difficoltà nel stare accanto a quella che fu a sedici anni una stella in Germania e a trenta in Francia, nonché il suo desiderio di essere guardata, vista, senza i cliché che durante la carriera le erano stati malamente cuciti addosso.