L’amore di François Truffaut per il cinema trapela da ogni suo film, ma se dovessimo scegliere una sua opera che sia una vera e propria dichiarazione d’amore alla settima arte questa non potrebbe che essere Effetto notte. Il film racconta la realizzazione di Je vous présente Paméla e l’intersecarsi della finzione con la vita reale. Ammesso che di vita reale si possa parlare, perché su più livelli emerge quella corrispondenza tra Arte e vita che rende difficile distinguere l’una dall’altra.

Esplicitamente dedicato a Lillian e Dorothy Gish, questo meta-cinema allo stato puro trabocca di citazioni, auto-citazioni, omaggi e riferimenti cinematografici di ogni tipo: le monografie su Lubitsch, Dryer, Bergman, Godard, Buñuel, Bresson, Hawks e Rossellini che il regista Ferrand (interpretato dallo stesso Truffaut) si fa spedire per trovare ispirazione per le scene ancora da scrivere; la via intitolata a Jean Vigo; le cartoline di Quarto potere che il giovane Ferrand ruba di notte nelle sequenze oniriche; la firma di Cocteau su un pannello del camerino di Julie, e così via fino all’escamotage felliniano della recitazione con i numeri evocato dalla splendida Séverine di Valentina Cortese.

Presentato nella versione restaurata sotto la supervisione del direttore della fotografia Pierre-William Glenn (che nel film interpreta il direttore della fotografia di Je vous présente Paméla), Effetto notte parla di cinema su due livelli distinti. Il primo è senza dubbio il piano sentimentale, quello della passione viscerale e totale per il cinema che emerge da questi omaggi e citazioni. Il secondo è quello tecnico: attraverso la realizzazione di Paméla, Truffaut mostra trucchi e convenzioni del mondo cinematografico. L’“effetto notte” del titolo, ad esempio, è la tecnica di girare di giorno una scena notturna applicando un filtro blu davanti all’obiettivo della macchina da presa.

Senza entrare nei particolari di un elenco che esula dai nostri scopi, merita però un approfondimento da questo punto di vista la colonna sonora del film. Innanzitutto perché l’opera inizia con la visualizzazione della colonna sonora: i titoli di testa appaiono sullo schermo insieme al grafico mutevole delle onde sonore prodotte dalle voci e dalle musiche che si stanno registrando. Il cortocircuito realtà/finzione è già attivato poiché l’orchestra sta in realtà provando le musiche di Je vous présente Paméla. Parallelamente alla realizzazione del film-nel-film, viene mostrata la produzione della sua colonna sonora, intesa sia nella sua componente musicale sia nel senso più ampio del termine. A riprova della prima si pensi alla scena in cui il compositore (che non si vede mai ma che sappiamo chiamarsi Georges Delerue, proprio come l’autore delle musiche di Effetto notte) telefona a Ferrand per fargli ascoltare il tema musicale che ha scritto per una scena; per il secondo aspetto valga il momento di crisi che si verifica sul set, durante il quale il fonico approfitta della presenza della troupe per registrare rumori “a vuoto” come applausi e bisbiglii (“ma non parlate di cinema!”).

Secondo Delerue le musiche devono svolgere una funzione costruttiva all’interno dell’opera filmica: le sue bellissime composizioni per Effetto notte rivelano la preparazione di una precisa struttura musicale del film. Si ascolti ad esempio come il barocco Grand choral compaia sui titoli di testa e di coda, a “inquadrare” il film e il cinema con un tono grandioso che riecheggia la musica di Vivaldi, per poi ripresentarsi variato nelle sequenze di montaggio che mostrano l’avanzamento della lavorazione di Paméla. O ancora si noti come i brani in tonalità maggiore segnino le riprese andate a buon fine (Julie/Alexandre), quelli in tonalità minore seguano i momenti di crisi degli interpreti (Sevérine) e il tema atonale porti avanti il mistero del sogno di Ferrand.

Tutto questo senza trascurare l’impatto emotivo sullo spettatore: le scelte compositive di Delerue ci permettono di abbandonarci completamente alla duplice narrazione, confermando che, nonostante gli imprevisti, “i film vanno avanti come treni nella notte”.