“Oh Bretagna, terra mia, quanto ti amo mia cara terra. Fintano che il mare sarà un muro intorno a te, sarai libera terra mia”

Così canta il ritornello dell’Inno bretone che racconta l’amore sconfinato per una terra di contadini e pescatori, il cui elemento principale è dato proprio dall’Oceano che la circonda regalando ai locali gioie e dolori con i suoi capricci. Fino al termine della Seconda Guerra Mondiale la povera regione francese della Bretagna rimase sostanzialmente isolata, mantenendo viva la propria lingua e le proprie tradizioni e dando per secoli occasione ad artisti di tutto il mondo di soffermarsi su esse. Basti pensare ai quadri di Gauguin che si stabilì insieme a pittori come Émile Bernard o Charles Laval nella piccola località di Pont-Aven per rendere eterne le sue donne con i vestiti tradizionali così particolari, caratterizzati da una veste di colore nero, anche nei giorni di festa, e da una cuffia generalmente bianca.

I Bretoni erano un popolo molto credente e conservatore, questo ha facilitato il mantenimento per secoli dei suoi costumi e della lingua, dello stesso ceppo del gaelico scozzese e quindi totalmente estranea a quella francese che si parlava nel resto del paese, cosa che rafforzò ulteriormente la divisione con esso. Oggi tutto è cambiato a causa di politiche, spesso repressive, che sono state attuate a partire dagli anni ‘50 in poi e che hanno rischiato di far scomparire interamente una cultura a favore della sua nazionalizzazione.

Sebbene oggi, grazie anche al successo internazionale di artisti come Alan Stivell, Yann Tiersen o più di recente Nolwenn Leroy, ci sia una maggiore sensibilità e questa cultura sia stata riscoperta, gran parte di quello che c’era è andato perduto e uno dei modi per recuperare tutto questo passa proprio attraverso la cinematografia.  Finis Terrae di Epstein ne è sicuramente un esempio perché, prima ancora di Man of Aran o La Terra trema, il regista decise di raccontare un popolo attraverso di esso, utilizzando come attori solo persone del posto. Proprio per questo il film è un documento incredibile perché, per certi versi, è una storia locale fatta da locali, che cristallizza una cultura in un momento storico ben definito. La situazione è ancora più particolare perché le vicende sono ambientate a Ouessant che, essendo un’isola, risulta ancora più isolata e legata alla tradizione. La trama è quasi assente, è un pretesto per imprimere su pellicola gli splendidi paesaggi naturali e il cuore di un popolo.

Proprio riguardo questo vorrei sottolineare lo splendido lavoro effettuato da L’Immagine Ritrovata nell’operare il restauro in 4k a partire da un negativo nitrato conservato alla Cinématèque Française. Un restauro che ha reso le immagini ancora più nitide e suggestive. Jean Epstein si innamorò letteralmente della Bretagna e vi tornò spesso per girare i suoi film tanto che si parla spesso di “poemi bretoni” per una parte della sua produzione cinematografica. Del resto, come dicono i Tri Yann in La decouverte ou l'ignorance l’essere bretoni è una presa di coscienza e da bretone sono convinto che con l’amore per questa terra tutti lo possano diventare. Jean Epstein con Finis Terrae lo ha fatto diventando rappresentante di questa terra nel mondo ancora oggi a distanza di novant’anni.