Poco conosciuto e spesso semplificato, trattato dai media solo in occasione di eventi drammatici che attirano su di sé l’opinione pubblica, il contesto asiatico risulta per molti versi ancora inesplorato e necessitante di un’analisi che vada oltre lo scenario economico e produttivo, per soffermarsi maggiormente sul piano umano e sociale. Quest’anno Human Rights Nights propone occasioni uniche per approfondire il tema con diverse proiezioni, molte delle quali in anteprima nazionale. Nella serata di ieri si è portata all’attenzione la dura vita nelle periferie di Jakarta attraverso lo sguardo della piccola protagonista del poetico Cahaya (Jean Lee) e gli arcaici ritratti di famiglie nomadi tibetane nella Cina industrializzata e il loro tentativo di mantenere vive le proprie tradizioni in Butter Lamp (Hu Wei).

Ma è oggi che nella Sala Matroianni del Cinema Lumiére saranno proposti maggiori spunti di riflessione con i film in programma per il pomeriggio e la serata. Mauricio Osaki racconta l’improvvisa presa di coscienza della giovane vietnamita di My Father’s Truck che, seguendo il padre al lavoro, scoprirà una dolorosa realtà che non intaccherà però il suo essere bambina. I tre lavori di Roeun Narith – diplomato al Phnom Penh Film Centre di Rithy Panh – sono  altrettante storie di vita sullo sfondo della Cambogia contemporanea: quella umile del protagonista di Minister of Papaya; quella pericolosa dei cercatori di bambù nelle zone minate del nord est in Bamboo Cutter; quella dura e laboriosa della spacca-sassi Nuon in Lady Stone.

Il documentario di Jie Wu Tiger Moutain, invece, porta alla luce l’altra faccia del capitalismo cinese, attraverso le testimonianze dei residenti di un piccolo villaggio rurale dove il 72% della popolazione muore di tumore per il contatto con sostanze tossiche e acqua contaminata frutto delle emanazioni dalle adiacenti centrali e fabbriche. Il dramma di un’esistenza tra malattia, morte e paura per il futuro, inconcludenti indagini mediche e false promesse da parte delle istituzioni, raccontato senza pietismi né retorica, dando voce a vittime altrimenti mute.

La XIV edizione del Festival – dopo la riflessione sulla musica come terreno di incontro e dialogo tra culture in Enzo Avitabile Music Life di Jonathan Demme – si conclude con l’ultimo film di Kim Longinotto, apprezzata e pluripremiata regista inglese. La documentarista offre un partecipato ritratto femminile nell’odierna India: segregata in casa appena tredicenne, privata dalla famiglia del diritto all’istruzione e obbligata a un matrimonio di convenienza, Salma trascorre venticinque anni nella sua “prigione” coltivando in segreto la sua passione e talento per la scrittura, affermandosi come la più famosa poetessa in lingua Tamil e raggiungendo così la tanto agognata libertà.

Una nota di speranza che si fa anche emblema dell’ideale di HRN, futuro possibile che perché si realizzi non deve restare solo un insieme di belle parole, ma concretizzarsi in un’azione collettiva, che parta prima di tutto dalla conoscenza, dalla comprensione e da un conseguente agire rispettoso delle proprie e altrui diversità.

 

Lapo Gresleri