In occasione delle celebrazioni felliniane, proseguiamo con la pubblicazione di alcuni estratti di articoli che scrittori, poeti e intellettuali hanno dedicato al Maestro e al suo cinema, contenuti nel fondo Calendoli. Mario Soldati (1906-1999) condivide con Fellini un talento versatile, resiliente ad ogni forma di influenza da parte di una cultura dominante. E come Fellini ha pagato un caro prezzo all'élite intellettuale del dopoguerra, così Soldati regista non ha mai incontrato il favore della critica cinematografica degli anni Cinquanta, completamente assorbita nel costruire e difendere un'estetica neorealista. Come ricorda Paolo Mereghetti, anche in tempi recenti, i film di Soldati sono stati definiti 'bizzarri divertimenti'.

La sua fama, Soldati se l'è guadagnata soprattutto come scrittore e quella 'leggerezza' che contraddistingue la sua penna gli ha reso possibile raccontare in modo felice anche le miserie della società civile, come un 'turista che visita i luoghi del mondo assaporandone le piacevolezze e le offerte ma trascurandone o rifuggendone gli aspetti vili, o malati, o crudeli' (N. Ginzburg).

Quale miglior difensore poteva trovare Fellini per il suo discusso e persino disprezzato Casanova, se non in questo maestro che ha saputo rendere degne di essere raccontate tanto 'la tragica immensità di Manhattan nell'età del proibizionismo, non meno della vita di un pollaio al di là dello squallido cortiletto di un hotel della Valtellina?' (C. Garboli)

Ecco un estratto del suo articolo, La pietà di Casanova, da "La Stampa", 29 dicembre 1976.

 

[...] Il Casanova, con il suo significato più semplice e più profondo che nessuno dei nostri critici ha voluto riconoscere, è un film nuovo e diverso da tutti gli altri film di Fellini.

Il grande Federico ci aveva abituato, ormai da anni, all'abbandono di quelle tradizionali strutture narrative che avevano sorretto i suoi primi film, e che di volta in volta lui poi spezzò e sfumò sempre più in brani quasi privi di nesso narrativo, simili a tempi di una sinfonia, a progressioni musicali, a variazioni mimiche, coreografiche, scenografiche, in una magistrale altalena tra il ricordo d'infanzia e il balletto più squisito, tra bozzetti provinciali e meraviglie spettacolari.

Consapevolmente o no, volontariamente o meno, Federico aveva così finito col rinunciare all'intreccio, alla trama, a quella dosata suspense, che è la grazia di ogni romanzo, dramma, commedia, film: a quel falso scopo senza cui il lettore non riesce mai a dimenticarsi che sta leggendo, e lo spettatore non riesce mai a dimenticarsi che sta assistendo a uno spettacolo. [...]

Il Casanova, pensato e sceneggiato come il libretto di un balletto, e cioè nel più puro stile felliniano, è invece qualche cosa di nuovo e diverso per il solo fatto che si tratta del racconto di una vita, di un viaggio attraverso la vita di un uomo, e perché riproduce, anche senza che l'autore lo voglia, la costruzione di un romanzo classico, lo schema fortissimo, implacabile e trascinante del viver ch'è un correre alla morte.

Innumerevoli sono le sequenze che resteranno del Casanova. Non si finirebbe di citarle: la monaca dal trespolo intorno al sedere, la sartoria di Venezia con la esilarante scenetta del camerino, il double omosessuale di Casanova (Daniel Emilfork, anche lui un nasone imponente), l'infernale concerto tedesco di cori voci organi, la sublime apparizione e l'intero episodio della ballerina meccanica fino alla fine... Ma in un futuro, forse lontano perché la vera gloria arriva solo più tardi, Fellini sarà ricordato per qualcosa che vince su tutte le meraviglie di tutti gli altri suoi film e di questo: per l'umanità del personaggio di Casanova (Donald Sutherland). [...]

Non dirò che con il Casanova Fellini ci dà un'immagine nuova di se stesso: non lo dirò perché la parola immagine appartiene alla frenesia audiovisiva di una epoca come la nostra in cui tutti abbandonano l'idea per sostituirvi pigramente l'immagine.

Dirò appunto che con il suo Casanova Fellini ci dà, di se stesso, un'altra idea. Alla quale, da amico, gli auguro ormai di restare fedele.