Dopo l'ennesimo omicidio a pagamento, il killer professionista Raven si vede tradito dall'untuoso galoppino del suo misterioso committente, che lo porta a cercare vendetta mentre tenta di sfuggire alla polizia sulle sue tracce. Si imbatte in una ragazza che è, al contempo, la fidanzata dell'investigatore che gli sta dando la caccia e l'oggetto delle attenzioni del suddetto galoppino. Raccontata così, è la trama noir più implausibile mai portata sullo schermo, nonostante sia trasposta da un romanzo di Graham Greene del 1936 (Una pistola in vendita), eppure Il fuorilegge (This Gun for Hire, 1942) di Frank Tuttle funziona magnificamente.
E se nell'originale cartaceo Raven aveva un labbro leporino mal aggiustato che lo rendeva inviso alla gente e lo aveva portato a uccidere per rivalsa, per il sollievo della Paramount Tuttle lo trasforma in un killer dalla faccia d'angelo, quella di Alan Ladd che da sconosciuto si ritroverà una star dopo il successo del film. Peraltro, benché Robert Preston e Veronica Lake siano i primi nomi in cartellone, e Ladd venga presentato con la formula “Introducing” dopo l'elenco dei comprimari, è di tutta evidenza che sia lui il reale protagonista. Così come è lui la parte maschile della vera coppia romantica del film, e nell'abbraccio finale della donna al fidanzato poliziotto si può scorgere nei suoi occhi un sapore di rimpianto.
Oltre alla potente chimica della coppia Lake-Ladd, che li avrebbe fatti tornare a lavorare assieme in altri tre film, fra cui La chiave di vetro di Stuart Heisler di lì a pochissimo, Il fuorilegge vanta un'esemplare combinazione di atmosfere noir, battute pungenti come nello stile del genere, e sincopate scene d'azione (mirabile - e copiata - quella del salto sul treno). Tuttle è nel pieno della maturità artistica e del possesso dei mezzi espressivi, e li usa per argomentare la spietatezza di Raven che, non più giustificata dal viso deforme, si fa trauma infantile e ingiustizia sociale. Continuano i suoi riferimenti, a questo punto nemmeno tanto velati, a come i capitalisti e i magnati dell'industria facciano uno sporco gioco, e le benintenzionate forze dell'ordine finiscano inavvertitamente per fare i loro interessi. Sembra pensare, nel solco della migliore tradizione del gangster movie, che ciò che dovrebbe terrorizzare il pubblico può forse svegliarlo.
Veronica Lake, fotografata con luci morbide da John Seitz, che poi lavorerà su La fiamma del peccato e Viale del tramonto, è, nel solco delle donne di Tuttle, un potente oggetto del desiderio ma anche una combattente della vita con il trucco e con l'inganno (qui in modo addirittura letterale: è un'illusionista), con un riconoscimento della pervicacia femminile a lottare nelle retrovie. Resta comunque indimenticabile una strabiliante tenuta da pescatrice fetish.