È stato frettolosamente ribattezzato Il dottor Stranamore del nostro tempo. Ma, per quanto non si tratti certo di un'interpretazione aberrante, l'unico richiamo – e omaggio – diretto è solo quell'inquadratura frontale a distanza ravvicinata di un missile lanciato verso l'obiettivo, vero e proprio trademark del film di Stanley Kubrick. Ma se quello era un missile prossimo a causare una distruzione diretta, quello di oggi perviene allo stesso risultato proprio a causa della sua inanità.

Don't Look Up di Adam McKay si sposta dal terreno fanta-politico di Kubrick a quello fanta-catastrofista, ipotizzando che due astronomi, interpretati da Jennifer Lawrence e Leonardo Di Caprio, scoprano una cometa in rotta di collisione con la Terra entro sei mesi, e destinata a distruggerla qualora non venga fermata. Non siamo però dalle parti dell'action sci-fi epico, e dunque i due malcapitati si accorgono che portare il fenomeno all'attenzione mondiale è tutt'altro che semplice: la Presidente degli U.S.A. ritiene non sia il caso di dare notizie negative proprio a ridosso delle elezioni di mid-term, i programmi giornalistici non vogliono deprimere i propri spettatori col rischio che cambino canale, e i magnati dell'industria hanno già fatto il propri calcoli su come il meteorite possa far giungere a portata di atmosfera un vero e proprio tesoro di minerali preziosi.

McKay, uno dei più acuti fustigatori della realtà americana, da La grande scommessa a Vice, passando per la produzione di una serie importante come Succession, dimostra ancora una volta la sua capacità di essere efficace. Lo fa col solito stile visivamente vivace, sostenuto nel ritmo, e brillante nella sceneggiatura, da lui scritta come d'abitudine. Machiavellicamente, poi, utilizza uno dei cast maggiormente all-stars di sempre (oltre a Di Caprio e Lawrence, anche Meryl Streep, Cate Blanchett, Mark Rylance e Jonah Hill, senza dimenticare gli idoli giovanili Timothée Chalamet, Ariana Grande e Scott Mescudi) per tracciare una disamina spietata di un mondo soggiogato dalle puerili opinioni delle celebrità.

E se Kubrick si era appuntato sul potere politico, in particolare sui due grandi blocchi monolitici U.S.A. e URSS, McKay allarga le responsabilità anche al potere dell'informazione e a quello economico, aiutato da un formidabile Mark Rylance a metà strada fra la prosopopea spiritualista di Steve Jobs e l'ottimismo inveterato di Elon Musk. Ne risulta un'agghiacciante eterogenesi dei fini lanciata inevitabilmente verso il disastro, specchio deformato ma evidente di un mondo reale diretto verso l'Apocalisse ecologica ma ben lungi dal fare di tutto per fermarla.

Per quanto, a fini di slancio retorico, alcuni aspetti vengano tagliati con l'accetta, dando assoluta irrilevanza alla comunità scientifica e centralismo senza appello alla politica americana (possibile che gli altri paesi non facciano nulla?), Don't Look Up riesce comunque a portare sul tavolo tanti grandi temi della contemporaneità: dalle strategie di diversione di massa alla genesi delle fake news, dai pericoli del predominio dell'infotainment alla polarizzazione degli opinioni in schieramenti dogmatici e semplificatori. Per un film annunciato a fine 2019, dunque concepito ben prima dello scenario pandemico, si tratta quasi di una dimostrazione a posteriori della potenza della propria visione prospettica.