“Teorema” e il processo per oscenità

Il film Teorema fu presentato il 5 settembre 1968 in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. Nel corso del suo intervento durante la presentazione del film alla stampa, Pier Paolo Pasolini dichiarò che il film partecipava al concorso per volontà del produttore Franco Rossellini ma contro il proprio volere, perché era contrario ai premi e allo statuto della Mostra del Cinema. Invitò i critici ad abbandonare la sala ma i critici rimasero in sala. Pasolini rifiutò di partecipare alla conferenza-stampa nel Palazzo del cinema e invitò giornalisti e critici nel giardino di un albergo dove avrebbe parlato esclusivamente della situazione della Mostra del Cinema, della contestazione alla Mostra e non del film.

“Teorema” e l’errore borghese

Alla 79ª Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, la sezione Venezia Classici ha presentato il restauro del film Teorema, realizzato dalla Cineteca di Bologna e Mondo TV Group, in collaborazione con Cinema Communications Services, presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata.  Teorema è tornato alla Mostra di Venezia, dopo la prima alla tumultuosa edizione del 1968, occasione in cui Laura Betti venne premiata con la Coppa Volpi per la Miglior interpretazione femminile. Premiato in un primo momento dall’OCIC – Organisation Catholique Internationale du Cinéma (che, qualche mese dopo, sconfessò il riconoscimento), poi attaccato da «L’Osservatore Romano», processato (con iniziale condanna dell’autore e del produttore), infine assolto, Teorema rivive ora grazie al restauro e torna, come tutta l’opera di Pasolini, a interrogare le nostre coscienze contemporanee.

Un teorema sull’autore e sull’attrice

Teorema (1968) di Pier Paolo Pasolini viene generalmente letto, seguendo anche alcune dichiarazioni del regista alla presentazione del film alla contestata Mostra di Venezia del 1968, come un apologo sull’irrimediabile crisi della borghesia. Si può aprire tuttavia anche un nuovo orizzonte interpretativo, valorizzando storicisticamente il contesto di ricezione del film nella Mostra del 1968: Teorema come enunciazione sull’autorialità nel cinema, sulla tensione verso un discorso filmico anti-egemonico ma anche sulle inevitabili contraddizioni tra autorialità e industria cinematografica.

“Teorema” incubus ipnotico della borghesia

Il teorema pasoliniano è fin dal principio un serpente uroboro dilaniato da una sessualità “linguistica” e dal sacro esibito, difatti il prologo, gonfio di parole e parossistico nelle riprese – un cronista intervista alcuni operai che hanno ricevuto in dono dal padrone una fabbrica –  racchiude in sé l’inizio e la fine di tutto, metaforicamente rappresentati dallo svuotamento identitario al quale giungono gradualmente tutti i personaggi-marionetta messi in scena: da Emilia, la domestica che sceglierà l’estasi e infine il ritorno alla terra madre, al padre, vero simbolo di perdita e alienazione, respinto nel deserto dell’esistenza dopo essersi spogliato dei propri abiti in un nitido simbolismo francescano.