Note sulla trilogia di Ti West
Mentre critica e pubblico tornavano a celebrare il genere elevandolo (appunto) in ambito mainstream, Ti West sceglieva platealmente di esaltarne i toni più popolari, con lo sguardo specifico del contesto prescelto (in questo caso, il Texas nel 1979). “Omaggio”, “citazione”, “allusione”, “tributo” sono termini che capiterà di leggere praticamente sempre nei vari approfondimenti dei film in questione.
“MaXXXine” come diritto al godimento
Si sente affermare troppo spesso che West è un citazionista pop che scherza con il cinema del passato, ma se questa definizione potrebbe in parte andare bene per il suo collega Eli Roth non si addice decisamente a lui, inquanto dietro allo spudorato velo del facile giochino cinefilo si nascondono riflessioni molto più pregnanti, come ad esempio il concetto di ridisegnare e risignificare il corpo femminile all’interno del cinema contemporaneo, filtrandolo attraverso l’estetica vintage.
“Pearl” come viaggio umorale nell’horror piscologico
Nell’attuale revival retró dell’horror, Ti West si distingue per la seconda volta nello stesso anno, e con maggiore incisività, per un film che sa essere al contempo profondo e leggero, estremamente serio e divertente, misurato ed eccessivo. In un’edizione che fa della paura della morte, dell’espiazione e del senso di colpa i temi caldi della selezione, Pearl è la nota dissonante e scanzonata di Venezia 79, capace di omaggiare e al contempo capovolgere e sublimare i ruoli femminili nella storia dell’horror psicologico.