“Non aprite quella porta” e la bellezza dell’orrore

Nonostante la saturazione di un “marcio” che corrompe ogni cosa, Non aprite quella porta riesce a lasciarci radiose immagini simmetriche e visioni di sovrumana astrazione. Pur spazzando via qualsiasi illusione di cinema in posa, falsità da Studio e gusto conservatore della bellezza, il regista inietta una nuova, oscena concezione del Bello che si esprime nelle albe funebri, nelle danze folli e astratte di Leatherface, nel viso insanguinato di Sally, con una radicalità di cui pochi oggi sarebbero capaci.