C’è un andamento particolare che accomuna i film di Wellman: una prima parte in cui si settano personaggi e situazioni attraverso dialoghi brillanti, esposizione di catch-phrase e gag ricorrenti, e una seconda in cui i personaggi si scontrano con l’intreccio drammatico. Sia Other Men’s Women che Night Nurse mettono in primo piano l’ambiente lavorativo dei personaggi, e rapporti di amicizia che si fondano sulla condivisione del mestiere (due ferrovieri, due infermiere). Non a caso le sequenze di cameratismo ferroviario del primo e la solidarietà femminile e lavorativa del secondo sono tra i momenti più belli dei due film.

Other Men’s Women è la storia di un amore che pregiudica un’amicizia fino alle conseguenze più estreme: sono le interpretazioni strepitose di Grant Withers, Mary Astor, Joan Blondell, James Cagney a vivacizzare un plot che si sviluppa in un crescendo piuttosto complicato e crudele di dramma, espiazione, conciliazione, e che concretizza l’esasperarsi dell’amara constatazione che lo sfiorare la felicità di uno si accompagna alla sofferenza di un altro. A ritmare il tutto ancora i treni, non più veicolo di fuga come in Beggars of Life ma enormi artefatti da accudire e con cui convivere.

In Night Nurse è prima di tutto la Lara Hart di Barbara Stanwick in Night Nurse a colpire per carattere e spirito, perfettamente sostenuto e amplificato dalla sodale Joan Blondell/Maloney, cui sono regalate le battute più sferzanti. La quotidianità di restrizioni ospedaliere in cui ingegnarsi per ritagliarsi i propri spazi e tenere alla larga i seccatori è il godibilissimo scenario in cui la coppia di attrici dà il proprio meglio, prima della svolta detection della seconda parte. Memorabile l’entrata in scena del cattivo Clark Gable (prima i piedi, poi di spalle in vestaglia ricamata mentre pesta di botte un guastafeste), ma anche le reazioni di Blondell e Stanwick agli scherzi di tirocinanti impertinenti, o i meritati schiaffoni a un ubriacone molesto.

Other Men’s Women e Night Nurse puntualizzano entrambi la rilevanza della prova attoriale, dell’invenzione caratterizzante, dello scambio a due nel cinema wellmaniano, che si sostiene sulla concatenazione di commedia e dramma, comico e tragico.

Chiara Checcaglini