Non è certo stato dimenticato, Gianni Amico. Non dai cinefili, né dagli appassionati di jazz. Eppure si attendeva da un po’ un prodotto editoriale che ne consacrasse le doti cinematografiche e la passione quasi fisica per il jazz. Ecco, appena uscito, Jazz e altre visioni. Tre film di Gianni Amico , che recupera tre bellissimi lavori del regista: Noi insistiamo! Suite per la libertà subito, è ispirato al manifesto del free jazz e del nascente movimento per i diritti civili degli afroamericani, We Insist! Freedom Now Suite di Max Roach. Appunti per un film sul jazz, girato durante il Festival Internazionale del Jazz di Bologna nel 1965, presenta esibizioni, fra gli altri, di Gato Barbieri, Don Cherry, Steve Lacy e Johnny Griffin; Il cinema della realtà raccoglie testimonianze di Rossellini, De Sica, Zavattini, Antonioni, Pasolini e Bernardo Bertolucci. I film sono poi corredati da un documento diretto da Germano Maccioni (L’uomo Amico), con materiali e testimonianze di Bernardo Bertolucci, Tatti Sanguineti e Stefano Zenni. Il tutto sapientemente supervisionato dal figlio Olmo Amico, infaticabile nel portare a termine l’impresa. Il DVD + libro verrà presentato in una particolare serata, al cinema Lumière, nel contesto della nuova, ottima edizione del Bologna Jazz Festival. Cinefilia Ritrovata offre a seguire in anteprima il contributo del compianto Giuseppe Bertolucci, presente sul booklet. Per chi volesse, intanto, rivedersi i film di Gianni Amico, vale la pena ricordare che si trovano anche alla Biblioteca Renzo Renzi della Cineteca di Bologna, dove possono essere visti gratuitamente.

“Una perenne attitudine al sorriso, anche nei momenti più tristi.

La fede incrollabile in una poetica, quella rosselliniana, nella quale si era totalmente riconosciuto e che pretendeva di applicare alla vita, non solo al cinema.

Un tropicalismo nativo, organico, misterioso e inspiegabile, non mediato dall’ideologia, una vocazione all’altrove che mi ricordava quella di certi mistici perduti per anni e anni nel deserto a inseguire cavallette e fantasmi.

Ma, al tempo stesso, un grande acume umano, una capacità rara di aggirarsi in punta di piedi dentro le contraddizioni e i conflitti, suoi e degli altri, cercando sempre una soluzione, anche provvisoria, anche illusoria, intimamente convinto com’era che il più delle volte non ci sono soluzioni, ma solo rinunce.

Solo la musica, l’amore e il cinema non ammettevano rinunce.

La sua tenerezza, la sua faziosità, il suo estremismo estetico (così vitale e così arbitrario) mi incantavano e mi irritavano: gli stessi sentimenti che ho provato di fronte a Don Chisciotte o al sublime Johannes di Ordet. Rabbia e gratitudine.

Basilico e cannabis, Polcevera e Rio delle Amazzoni, gabbiani e ippogrifi… la mappa impossibile dei suoi desideri ha guidato la navigazione di molti di noi, e i migliori, Enzo Ungari e Marco Melani, hanno fatto naufragio, ma il viaggio continua. O forse, come dice il suo (il mio) amatissimo Giorgio Caproni, non è mai iniziato: Tutti i luoghi che ho visto, / che ho visitato, / ora so – ne son certo: / non ci sono mai stato.

E poi quel mirino nero, vecchio e scheggiato, tenuto insieme da nastri e cerotti, quel cannocchiale che la generosità di Fiorella mi ha voluto assegnare quando se n’è andato, quasi figurando un passaggio di testimone tra un Maestro e un allievo. Ma non avrò mai la sua leggerezza, la sua innocenza, la grazia che l’ha perduto”.

Giuseppe Bertolucci