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“Il piacere”: la vie se lève
Già a metà Ottocento, con Una vita di Maupassant il posto dell’allegoria letteraria era cambiato: il mondo esterno si era rintanato nello spazio chiuso dei sentimenti e così’, forse, sceglie di operare anche Ophüls molti anni dopo, contravvenendo al cinema dell’intellectualité di baziniana memoria e all’eiaculazione oculare di Bresson, facendo entrare la vita dentro i suoi personaggi dissidiati tra sentimento e morale e non tirandola fuori dallo schermo; questa, la forza di una rivelazione catturata nel suo movimento centripeto, un fulmine di celluloide bloccato solo nel raccoglimento del ricordo perduto. Ophüls ha saputo raccontare, per dirla con le parole di Truffaut, “la crudeltà del piacere”, le vanità e gli affanni dell’epoca moderna annegate nelle città brulicanti, nella flânerie indisciplinata e nel connubio tra vita attiva e vita contemplativa.