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“Snack Bar Blues” di Dennis Hopper a Venezia Classici 2019

Hopper grazie a questo personaggio tratteggia alcuni degli animi americani dei primi anni Ottanta, e lo fa con una violenza alla Peckinpah, descrivendo il disagio che la vita offre a un ceto sociale inferiore che ha come unica soluzione possibile la morte: il tramonto dei cowboy fantasmi che ostinati si aggirano per quelle città come il tassista di Taxi Driver di Martin Scorsese e i personaggi de Il ritorno dei morti viventi di Dan O’Bannon. I personaggi del film sono infatti dei dimenticati o, meglio, ignorati dalla società e dalle sue regolamentazioni. Così i ragazzini subiscono la ferocia del paese che li vede come un inutile peso e le loro proteste non conducono a prospettive migliori se non alla via della tragedia ovvero quella di uccidere i padri, le madri e sé stessi.  Snack bar blues è ancora oggi aggressivo come i tagli di montaggio netti di Hopper e la sua camera che spesso si muove velocemente per seguire gli sbalzi d’umore e il ritmo frenetico della vita della sua giovane protagonista. Hopper ha messo quindi sotto i riflettori i problemi di quell’America e lo ha fatto servendosi degli occhi di una giovane ragazza distrutta dai suoi familiari, dalle sue frequentazioni e dalla società che la ignora.