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“Spencer” come fantasmagoria di palazzo
Pablo Larraín racconta le fughe e i ricongiungimenti di un personaggio tormentato attraverso cui emerge il portato socio-culturale di un intero paese, costruisce un’identità schizofrenica, ingabbiata da una ripresa che alterna movimenti spasmodici, carrellate e una sovrabbondanza di piani autoriferiti ed “egotisti”; tutto intorno sfilano corridoi, spazi aperti, interni claustrali, stanze e simulacri del potere, alberi e prati, il tumulto interiore di una vita sbilenca e di una storia privata che trascolora nella mitologia pubblica.
“Spencer” e la fuga di Diana dalla luce
Spencer di Pablo Larraín, interpretato da una bravissima Kristen Stewart – sempre troppo sottovalutata – è un film di fantasmi che abitano luoghi e persone; come Anna Bolena, che appare negli incubi ad occhi aperti di Diana Spencer, come uno dei visitatori spettrali dickensiani – che aiutano Ebenezer Scrooge a intraprendere la sua redenzione – per suggerirle di scappare per salvare almeno la sua, di testa. Anna Bolena è Diana Spencer, le due sono legate allo stesso cappio: un matrimonio infelice, una tradizione oppressiva e annichilente, e l’impossibilità di potersi dileguare, perché l’unica legge che conta è la legge del palazzo, è la corona, è la sovranità disumana e insulare che il popolo vede e anela nei reali.