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“Ma’ Rosa” all’Asian Film Festival 2017
Pur individuando nell’(anti)eroina titolare il cuore del racconto, Mendoza, da abile osservatore del sottosuolo, si concentra sulla coralità, sui drammi personali che costituiscono la grande tragedia collettiva, intuendo nella frammentarietà, nell’accumulo, nella tensione apocalittica la chiave di una narrazione magmatica. Citando qualcuno che però crede nella speranza, qui davvero irreperibile, è un film che viene “dalla fine del mondo”.
“Daguerrotype” all’Asian Film Festival 2017
Per il suo primo film fuori dal continente asiatico, Kiyoshi Kurosawa ha scelto la campagna di Parigi, bazzicando la capitale solo sporadicamente per questioni funzionali alla narrazione. Accreditandolo come maestro del J-Horror, diamo forse una coordinata fin troppo illuminante per decriptare questo thriller psicologico. Ma il titolo francese, La secret de la chambre noir, ci fa pensare immediatamente a La camera verde di François Truffaut, con l’ossessione per la morte del reduce di guerra a postulare quella per l’immortalare di Stephane.
“The Woman Who Left” all’Asian Film Festival 2017
Lav Diaz sfrutta sia il bianco e nero, ma sopratutto la fissità delle inquadrature (ad eccezione di una sola sequenza) per evidenziare la gabbia emotiva della protagonista del racconto. Infatti Horacia è stata rinchiusa in carcere, ingiustamente, per trent’anni e quando viene liberata non lo è mai del tutto. Se in un primo momento decide di tornare nella sua vecchia casa e vuole rintracciare i suoi figli, finisce poi per perdersi e tentare di vendicarsi dell’uomo che le ha sottratto gli anni più importanti della sua vita. Incontra così personaggi insoliti come la matta senza tetto che vede demoni da per tutto. La matta è forse la via usata da Lav Diaz per condurre lo spettatore alla miseria e alla crudeltà della vita nelle Filippine.