Il concorso internazionale al Biografilm mostra forse il suo primo capolavoro, Dal ritorno di Giovanni Cioni. L’ultimo lavoro del bravo e stimato autore toscano, già apprezzatissimo con il suo Per Ulisse, racconta l’incontro con un personaggio straordinario, Silvano Lippi, sopravvissuto ai campi di Mauthausen, dunque molto anziano al momento della realizzazione ma ancora perfettamente in grado di ricordare i fatti cui assistette (e cui riuscì a scampare, non senza gravi traumi fisici e psicologici). Anzi, proprio le atrocità dei campi di sterminio – narrate con una capacità di presentificazione e una forza emotiva nascosta dalla monotonia del timbro vocale e dell’accento fiorentino – sono forse i ricordi più intensi, quelli che è proprio impossibile archiviare, quelli che il protagonista ritrova davanti a sé negli ultimi mesi della sua vita.Ovviamente – come sempre nel lavoro di Cioni – ci troviamo di fronte a una messa in discussione dei temi che danno forma al ricordo, dalla memoria che va tramandata ai supporti visivi della propria vita. Silvano racconta in buona sostanza sia la disumanità della prigionia (e pur avendo ascoltato e letto a più riprese le tante testimonianze di guerra, questa volta sono ancora più difficilmente sopportabili), sia come ha fatto a vivere il resto della vita dopo aver assistito a tanta sofferenza. Il corpo e il volto invecchiati e minati di Silvano restano per la maggior parte al centro dell’inquadratura, intervallati da alcuni film di famiglia che testimoniano della lunga esistenza (per fortuna la maggior parte) dopo la prigionia dei campi.
A un certo punto, nel 2002, Silvano era anche tornato a Mauthausen per filmare i luoghi di tanti anni prima, oggi meta di turisti coscienziosi. Ma di quel footage nulla è rimasto, o forse nulla è mai stato impresso. Visto che Silvano è troppo vecchio per muoversi, ci pensa Cioni a viaggiare per lui oggi, si reca nel campo e racconta a Silvano per telefono dove si trova. Silvano aiuta il regista a collocarlo nella topografia del luogo, come a vivificare tanti racconti orali, e l’autore mostra al pubblico – a sua volta – il contesto materiale di quel che era stato evocato fino a quel momento.
Dal ritorno, oltre che testimonianza preziosa e importante di quel che avvenne nei campi di prigionia e di sterminio, è anche un saggio sul potere del documentario, che mette in gioco il senso del cinema, della memoria e del linguaggio con cui narrare il passato per consegnarlo ai posteri.