I am Michael, anteprima italiana presentata al Biografilm Festival nella sezione World Wide, ripercorre la storia (vera) di Michael Glatze, ex-attivista gay che nell’arco di 10 anni, si avvicina gradualmente alla fede cristiana fino a rinnegare la propria omosessualità, diventando infine un pastore mormone, con tanto di moglie.

James Franco, che nel film interpreta il protagonista, ha dichiarato che «I am Michael  non è un film sull’omosessualità, è sulla fluidità dell’identità». Ed effettivamente l’aspetto più interessante del film di Justin Kelly è proprio lo sguardo curioso e mai moralistico che il regista adotta nei confronti della particolarissima storia di vita di Glatze, mostrandoci come la sua identità nel corso del tempo abbia assunto forme totalmente contrastanti l’una con l’altra. Si percepisce chiaramente come la volontà intrinseca del film sia quella di raccontare e non di giudicare: l’agire del protagonista, pur nella sua improbabile evoluzione, è comunque caratterizzato da una sincerità di fondo che il regista evidenzia attraverso l’inarrestabile entusiasmo del protagonista. Un entusiasmo che per poter affermarsi ha bisogno della partecipazione degli altri: che si tratti dei diritti degli omosessuali o della fede in Dio, non fa alcuna differenza.

Michael avverte infatti il ha bisogno di condividere e coinvolgere le persone intorno a lui. Vi è una costante interconnessione tra la vita del protagonista e il mondo che lo circonda: Michael scrive assiduamente sulla sua rivista e sul suo blog, per condividere le sue riflessioni e i mutamenti che prendono forma in lui. Un’identità fluida che permea i vari media, prima la carta delle riviste, poi il web, con un riverbero sempre più consistente. Nonostante in alcuni momenti si abbia l’impressione che il regista non tenga completamente in mano le redini del fili (il ritmo della narrazione non è costante), I am Michael costituisce uno sguardo lucido e scevro da moralismi, che sa raccontare la storia di un essere umano che ogni giorno deve fare i conti con le proprie intrinseche contraddizioni .

 

Barbara Monti