Dal 2013 il parlamento russo si è accanito contro gli omosessuali e la storia della circolazione di Olya’s love è una prova di quanto accade. Il passaggio di questo documentario al Biografilm Festival di Bologna non è il primo né sarà l’ultimo all’interno di rassegne internazionali, ma in Russia è stato visto solo dal pubblico dell’Artdocfest. Questo è il risultato delle leggi repressive di questo stato, che vietano la propaganda omosessuale in luoghi accessibili a minori. Se il film avesse solo accennato a queste tematiche probabilmente avrebbe avuto una possibilità di visibilità. Ma la figura di Olya è troppo forte e dirompente, nell’affermare i propri diritti e nello schierarsi contro la Duma, soprattutto per le dimostrazioni a favore delle Pussy Riot. Ciò l’ha resa invisa al governo e il film è stato quindi escluso dal circuito nazionale, privando il pubblico di un’importante occasione di dialogo e confronto.
Olya’s love, prodotto da Ksenia Sakharnova, ha il merito di essere il primo documentario russo a raccontare una storia a tematica Lgbt. Infatti, solo dopo le recenti leggi della Duma, altri registi si sono avvicinati a queste storie. Come racconta la produttrice, molte persone si trovano raramente a confrontarsi con questo argomento e anche per lei e per il marito Kirill Sakharnov, regista del film, questa è stata l’occasione per entrare in un mondo sconosciuto.
Sakharnov segue Olya nella sua vita pubblica e privata. La macchina da presa si muove pedinando le ragazze, senza ambizioni estetiche, ma guidata da una forte volontà di realismo. Il regista si è immerso totalmente nel mondo dell’attivismo, unendosi ai cortei e alle proteste di fronte alla Duma, ha filmato ogni momento senza allontanarsi neppure nelle situazioni pericolose, come quando sono stati attaccati dai dimostranti del gruppo “Volontà di Dio”. Il documentario presenta con grande coraggio l’attivismo di Olya, una delle poche lesbiche a fare coming out, mettendo in luce come le odierne leggi abbiano fomentato aggressività e violenza, e come la polizia, anziché tutelare le persone, sia stata complice di molte aggressioni. A questo si contrappone la delicata storia d’amore tra Olya e Galiya. Per entrare in questo mondo il regista ha lasciato in mano alle ragazze una piccola camera, grazie alla quale si sono raccontate naturalmente. Le scene di vita privata diventano spesso un momento di confronto sul proprio diritto ad amarsi, in un continuo alternarsi tra privato e politico.
Questo film è un documento della realtà quotidiana in Russia, vista per la prima volta da un punto di vista diverso. Il continuo contrapporsi tra pubblico e privato diventa in questo caso una scelta intelligente, infatti Sakharnov accompagna lo spettatore all’interno del dibattito russo, sviscerando le problematiche più importanti del mondo omosessuale. Olya diventa un strumento per dare voce alle proteste: le sue urla e le sue dimostrazioni diventano il simbolo di una minoranza che si batte per i diritti delle persone.
Come si sa, la questione in Russia è ancora aperta e complicata. Ancora oggi molti sono gli omosessuali costretti a lasciare il paese, le associazioni per i diritti Lgbt sono ancora al limite della clandestinità e, proprio pochi giorni fa, un altro Gay Pride è degenerato in uno scontro. La forza di questo documentario si riscontra nell’affrontare questi argomenti, schierandosi dal lato degli attivisti e presentando scene di vita reale. Il racconto di Olya diventa un modo per far sentire la propria voce, ne ammiriamo il coraggio durante gli scontri, ne appezziamo la determinazione nello smontare parola per parola la legge sulla propaganda. Un’occasione per riflettere su un tema ancora troppo problematico in molti paesi.
Chiara Maraji Biasi