La città di Bologna è da qualche giorno tappezzata dall’immagine in bianco e nero raffigurante Penélope Cruz con una rosa rossa tra i capelli: si tratta della locandina promozionale di Ma Ma, ultima fatica dello spagnolo Julio Médem, che apre la sezione Biografilm Europa, dopo essere stato presentato in anteprima al Toronto International Film Festival 2015, e aver ottenuto un grande successo di critica e pubblico in Spagna, coronato da tre nomination alla trentesima edizione dei premi Goya (Miglior Attrice, Miglior Trucco e Miglior Colonna Sonora Originale).
Magda è insegnante, moglie e madre. La sua vita sta per prendere dei pessimi risvolti: perde il lavoro dopo le vacanze estive, il marito, professore di filosofia, l’abbandona per una “biondina” più giovane di lei e, in ultima istanza, le viene diagnosticato un carcinoma al seno. La sola e unica ragione di vita per la donna rimane il figlio Daniel, che sogna di diventare, da grande, un calciatore professionista. Dopo aver ricevuto la diagnosi, la donna si reca ad assistere a una partita del figlio, qui fa la conoscenza di Arturo (Luis Tosar), talent scout del Real Madrid. L’incontro pare essere un segno del destino: Arturo da lì a poco vedrà la sua intera vita andare in frantumi in pochi attimi.
Da quel momento si creerà un legame che diverrà necessario per entrambi, i due si sosterranno e si ameranno nelle relative disgrazie, nonostante i differenti approcci nell’affrontare la situazione: inevitabilmente una riflessione sulla morte, sulla vita dell’anima dopo il trapasso a un certo punto prenderà le redini della narrazione ed emergeranno sostanziali differenze, Arturo è un uomo votato alla religione, mentre Magda si dimostra più legata a una dimensione terrena, insegna al figlio a godersi la vita, ad essere felice, ma anche ad ascoltare il prossimo, apprendere e assorbire, per poi crearsi un’opinione propria.
Penélope Cruz si spoglia del suo abituale charme per interpretare questa donna ferita, dal proprio uomo e dalla vita, che affronta il trauma della malattia, in principio preoccupandosene da un punto di vista prettamente estetico, non riuscendo ad accettare la perdita di un elemento simbolicamente legato alla sensualità erotica femminile e alla maternità, cercando di preservare il figlio Dani da ‘inutili’ sofferenze’, ma anche nascondendosi, vergognandosi della sua condizione esteriore. Nel momento in cui la situazione si fa ancor più angusta, anche la sua interiorità diventerà più profonda, si disfa di tutto ciò che renderebbe ancor più pesante la malattia, come i rancori verso un ex marito assente e farfallone e si concentra sulla reale importanza di quanto sta vivendo, assumendo una saggezza e un’accettazione del calvario che la renderà quasi al di sopra di una condizione umana.
Il regista spagnolo muove spesso la macchina da presa provando a rendere in immagini la confusione, lo straniamento e il disagio di Magda, insiste con l’uso del bianco, spesso inteso come purezza e pace, ma associato anche a un idea di vuoto, distacco, morte (specialmente nelle culture orientali e nell’opera di Melville). Bianco è anche altro elemento che ritorna nella messa in scena, una rappresentazione del capolavoro scultoreo di Antonio Canova, Amore e psiche, opera che trasmette la tensione di due corpi che stanno per stringersi, ma ancora si sfiorano e la conseguente potenza del desiderio che sta per sprigionarsi, in linea con le pulsioni che animano i protagonisti del film.
A parte alcune scelte stilistiche discutibili e una scrittura a volte superficiale, messa al servizio del concatenarsi degli eventi, Ma Ma è una bella riflessione sui rapporti umani in situazioni estreme, sulla trivialità dei conflitti e dei disappori in tempi felici e su quanto questi diventino talvolta assurdi e ridicoli quando si prende consapevolezza dell’essenziale.
Stefano Careddu