Déjà s’envole la fleur maigre, presentato al Cinema Ritrovato nell’edizione recentemente restaurata dalla Cinematek, è un piccolo gioiello pressoché dimenticato della cinematografia belga. Il film nacque come un progetto commissionato dal governo, che nel 1959 aveva incaricato Paul Meyer di girare un breve documentario propagandistico sulle politiche d’integrazione dei minatori italiani nel Borinage, regione della Vallonia votata all’industria carbonifera. Quando Meyer raggiunse la zona, il film si trasformò in un lungometraggio di finzione su una famiglia di immigrati siciliani alle prese con la disoccupazione, la miseria e l’emarginazione. L’accoglienza fu entusiastica, ma dopo una sola settimana il film venne ritirato dalle sale e la carriera del giovane regista fu troncata sul nascere.

Nonostante gli scioperi e le lotte operaie si profilino all’orizzonte della narrazione, Déjà s’envole la fleur maigre non è un film apertamente politico: alla denuncia esplicita dello sfruttamento della mano d’opera italiana, Mayer preferisce un approccio più poetico e intimista, che lascia fuori campo i soprusi e le ingiustizie. Il film si concentra piuttosto sugli effetti più quotidiani dell’emarginazione, e segue i vagabondaggi di un gruppo di figli di minatori in un paesaggio sofferente, segnato dalle ciminiere e dalle montagne di carbone.

Erratico come il girovagare dei bambini, Déjà s’envole la fleur maigre procede per piccoli episodi di vita quotidiana, e si spinge ai confini del cinema documentario. L’asciuttezza della narrazione è riscattata da splendide aperture liriche, come la scena in cui il piccolo Valentin, che ha perso il padre in miniera, spia dalla finestra la famiglia siciliana riunita per la cena.

Scevro di facili sentimentalismi e crudo nella narrazione, il film guarda senza dubbio al modello neorealista di Rossellini e De Sica, ma al tempo stesso riesce a trovare una sua voce attraverso soluzioni visivamente curatissime: nonostante la povertà dei mezzi produttivi il film regala allo spettatore un bianco e nero di folgorante bellezza, che dà il suo meglio nei campi lunghi che abbracciano il paesaggio del Borinage.

Con Déjà s’envole la fleur maigre Mayer coniuga lo sguardo impegnato con la ricerca formale, attingendo tanto dal neorealismo italiano quanto dal documentario poetico alla Joris Ivens – che nel 1933 aveva dedicato un cortometraggio proprio a questa regione, Misère au Borinage. Il risultato è un film commovente, inclassificabile e unico nel panorama del cinema belga degli anni ’60.

Maria Sole Colombo