Narratore irreprensibile e caustico, Howard Hawks ha cavalcato l’onda dei generi cinematografici decostruendoli e rifondandoli, seminando pietre miliari con la stessa facilità (e velocità) con cui si inebriava durante le corse automobilistiche o i giri vorticosi sugli aeroplani. Un cineasta classico che ha fatto dell’ “azione drammatica” (intesa come tensione umana verso il pericolo) la sua cifra stilistica, leitmotiv ricorrente tanto nelle sue commedie quanto nei film noir, in quelli avventurosi, nei western o nelle sortite musicali disseminate in quasi tutte le sue opere. “Lo sfregiato” canta in Scarface il motivetto che preannuncia i suoi omicidi, gli amanti de Il Magnifico scherzo intonano una nenia infantile che li retrocede all’età dell’adolescenza, si esibisce in un’effervescente drum boogie Sugarpuss O’Shea (Barbara Stanwyck), cantante-spogliarellista che turba la quiete di otto intellettuali in reclusione forzata per scrivere un’enciclopedia in Colpo di fulmine (Ball of fire, 1941), screwball comedy in chiave jazz che mescola, in un vero e proprio “ring of fire”, battute lampo e dialoghi sfavillanti, stacchetti musicali e balli parodistici.
Tra gli attempati uomini di scienza c’è anche Bertram Potts (Gary Cooper), un giovane glottologo presto risvegliato dalla donna che lui stesso ingaggia per apprendere la “viva lingua” dello slang. Ma lei, in fuga dalla polizia, è invischiata in un affare matrimoniale col boss di quartiere e ben presto la “situazione imprevista” hawksiana non tarda a manifestarsi. Il film, rivisitazione di Biancaneve e i sette nani, è una boutade in fondo, costruita attraverso situazioni-limite e grovigli narrativi tra il comico e l’iperbolico, sul ritmo saltellante di un elettrizzato Drum boogie. E a suonarlo compare in un memorabile intermezzo Gene Krupa con la sua orchestra e la tromba di Roy “little jazz” Eldridge, precursore del bebop che si sarebbe affermato di lì a poco.
Da applausi lo stravagante numero di Krupa che “bacchetta” con due fiammiferi l’improvvisata cassa-scatola. Colpo di fulmine non è però un musical in senso stretto, per quello bisognerà aspettare il 1948 (col suo remake Venere e il professore); è più che altro un pregevole divertissement che funge da intermezzo alla tetralogia con Cary Grant collocata nel quindicennio a cavallo della Seconda guerra mondiale. Scritto da Billy Wilder, Charles Brackett e Thomas Monroe il lungometraggio inaugurale della sezione “Jazz al cinema” del Cinema Ritrovato, è una rapsodia visiva che lega insieme suggestioni noir e vaudeville improvvisati, sketch comici e rocambolesche avventure sul filo dell’ “hatari”, che in lingua swahili significa “pericolo”, situazione da cui muove l’intero proteiforme cinema del Maestro.
Vincenzo Palermo