Dopo il grande successo di Going My Way, premiato nel 1944 con ben 7 Oscar, il sodalizio tra il regista Leo McCarey e l’attore cantante Bing Crosby viene riproposto nel 1945 con The Bells of St. Mary’s. Alla coppia vincente si aggiunge questa volta Ingrid Bergman, dando vita ad un film che ancor oggi – riproposto sul grande schermo, dopo ben 70 anni dalla sua uscita, dalla Cineteca di Bologna nell’ambito della XXIX edizione de “Il Cinema Ritrovato” – mantiene intatta tutta la sua piacevolezza, fatta di una sapiente miscela di vena drammatica, sentimentale e religiosa, amalgamate tra loro da una deliziosa e garbata ironia.

Il deciso ma poco esperto Padre O’ Malley (Bing Crosby) viene assegnato alla scuola parrocchiale di St. Mary, diretta dalla Madre superiora, l’ intraprendente Suor Benedict (Ingrid Bergman), che insieme alle consorelle sta tentando di riparare il vecchio e malandato edificio scolastico. In realtà le sorelle pregano in gran segreto affinché il burbero ed egoista milionario Horace P. Bogardus (Henry Travers), che sta costruendo il bellissimo e nuovo edificio accanto al loro, si ravveda e invece di far abbattere la scuola per farne parcheggi, doni la spaziosa costruzione alla parrocchia per farne il nuovo istituto scolastico.

All’interno di questa cornice narrativa si sviluppano però molti altri temi: il rapporto fatto di stima e battibecchi fra padre O’Malley e suor Benedict, che adottano metodi educativi molto diversi tra loro ma che alla fine troveranno molti punti di convergenza; la conversione dickensiana del vecchio avaro ma simpaticissimo Bogardus; la difficile adolescenza dei ragazzi alla ricerca di una loro identità; la non facile responsabilità degli educatori; la visione di un cristianesimo pragmatico che punta alla risoluzione di problemi pratici senza abbandonare la fede nella Provvidenza; la scelta della vita religiosa che si scontra ogni giorno con dinamiche umanissime e terrene.  Ma la vera magia che opera McCarey affrontando temi di non poca levatura è quella di alleggerire il tutto con un’ironia di fondo che ci fa sorridere durante tutto il film, con battute e scene fulminanti.

Ingrid Bergman mette tutta la sua bellezza, la sua intensità e anche la sua simpatia al servizio di Suor Benedict, facendo trapelare tutto dall’unico quadrato scoperto del suo corpo, quel viso incorniciato da quattro lembi di stoffa che nei primi piani ci regalano una doppia e potente inquadratura. E nonostante la pesantezza dell’abito monacale, ci rimane un’immagine di grande forza e leggerezza. Indimenticabile la scena in cui suor Benedict insegna ad uno studente i segreti del pugilato per evitare i danni del porgere troppo l’altra guancia.

Bing Crosby ripropone per la seconda volta il personaggio di padre O’Malley, con cui l’anno prima aveva vinto l’Oscar come migliore attore protagonista in Going My Way, e lo fa con un’interpretazione decisa ma sorniona, pronto a cantare e suonare il piano appena se ne presenta l’occasione (e come era solito fare Leo McCarey durante le riprese). Il duetto tra lui e la giovane studentessa triste e demotivata per gli scarsi risultati scolastici è un vero inno all’ottimismo e al godersi le piccole felicità della vita di ogni giorno, duetto che tra l’altro lanciò il successo del pezzo “Aren’t you glad You’re you?” che ancor oggi mantiene intatta tutta la sua contagiosa carica vitale.

Scena dopo scena, schermaglia dopo schermaglia, i due protagonisti avanzano affiatati verso il gran finale che ci ricorda l’importanza della coppia nella narrazione di Leo McCarey: fra padre O’Malley e suor Benedict non c’è alcun accenno di sentimenti amorosi ma forse di qualcosa di ancora più potente, una corrispondenza di anime che ci spinge in affanno verso la scena finale in cui una rivelazione – fino a quel momento trattenuta – sostituisce, senza timore di confronto, una grande dichiarazione d’amore.

Lorenza Govoni