La vicenda è nota: Edward Snowden, 29 anni e molto coraggio, rivela ad alcuni giornalisti delle informazioni top secret in merito al suo incarico alla NSA (National Security Agency). Quella di Snowden è una bomba che scoppia e dà l’avvio allo scandalo Datagate sulle operazioni di sorveglianza attuate dalle agenzie di sicurezza nazionale nei confronti dei cittadini, con la complicità di servizi di intelligence di altri paesi.
Laura Poitras e Glenn Greenwald sono i prescelti: i due, contattati a distanza da Snowden, lo incontrano in una camera d’albergo ad Hong Kong. Si concedono otto giorni di tempo per ascoltare le confessioni dell’uomo sui misfatti e le violazioni della privacy perpetrate ai danni di cittadini inconsapevoli. Poitras accende la camera e ci restituisce quei dialoghi fondamentali in Citizenfour: teso e coinvolgente, il documentario segue le vicende legate alle rivelazioni dell’informatico e il lavoro portato avanti da Greenwald, giornalista del Guardian.
Snowden, deluso dalle mancanze del governo Obama, che giustifica gli abusi di controllo con una politica di sicurezza post 11 settembre, decide di rivelare quel che sa mettendosi al centro di un uragano annunciato, che lo vedrà costretto a trovare asilo politico in Russia. Prima di Snowden, era stato William Binney a denunciare le politiche scorrette attuate dai servizi segreti. «Tutti i programmi che ha rivelato Snowden sono dei mezzi per acquisire informazioni» dichiara Binney al parlamento tedesco «ogni dittatura della storia ha sempre fatto cose simili, acquisire informazioni sulla sua popolazione. Mi sembra una delle più grandi minacce per le democrazie di tutto il mondo». La Poitras, già avvezza ad immergersi nel buio del sistema americano (dopo My country, My Country sulla guerra in Iraq e The Oath, storia di personaggi in contatto con Al-Quaeda e Guantanamo) in quest’ultima fatica miscela sapientemente gli ingredienti più variegati: il thriller e la suspense si alternano ad un approccio più documentaristico, utilizzato sempre con sapienza.
La vicenda viene seguita in corso d’opera e il film, nel suo svilupparsi, resta un documento aperto che segue in maniera cronologica e lineare i fatti americani. E’ lo stesso Snowden a scegliere i suoi interlocutori fidati, in un rapporto di rinegoziazione costante tra regista e soggetto, dettando il ritmo e l’andamento del film. Le violazioni, gli abusi e la limitazione della libertà raccontati in Citizenfour non possono lasciare indifferenti, dando vita ad un’inquietudine a cui è difficile dare risposta.
Caterina Sokota