C'è un ragazzo, Naoufel, impegnato a barcamenarsi in una grigia e sferzante quotidianità da fattorino di pizze a domicilio, a innamorarsi di una ragazza diretta e risoluta, e a sopportare il peso dei ricordi di un'infanzia felice, prima che i genitori morissero in un incidente lasciandolo solo al mondo. E c'è una mano, che un neo inequivocabile dimostra appartenergli, che “si sveglia” in un laboratorio medico e si lancia in un'avventura indomita per tornare al corpo al quale appartiene. L'essenza di Dov'è il mio corpo?, e il suo avvolgente mistero, è tutta in questa doppia narrazione, diacronica per evidenza logica.
È un piccolo miracolo di equilibrio fra lirismo sentimentale e insolito film di azione questa pellicola d'animazione francese di Jérémy Clapin, al suo primo lungometraggio. Tratto dal romanzo Happy Hand di Guillaume Laurant, anche co-sceneggiatore, sorprende e coinvolge estremizzando una prospettiva non inedita (si pensi ad esempio a un successo letterario come Storia di un corpo di Daniel Pennac) ma poco frequentata: che il corpo non sia un docile e obbediente tramite di conoscenza col mondo esterno guidato dalla mente in quanto vero Sé, bensì l'unica attiva possibilità di costruzione di un Io unitario attraverso la storia esperienziale delle proprie parti.
Così, la mano antropomorfizzata di Dov'è il mio corpo? ha un punto di vista, esaltato da soggettive e maestose inquadrature a tutto campo, e mostra percezioni, sentimenti e scopo. Non è una coscienza altra rispetto a Naoufel, ma è nondimeno la risultanza di ciò che ha esperito. È una mano che ha commesso un errore, non tanto nel passato prossimo quanto in quello remoto, porta il peso di una colpa, e intraprende un viaggio di espiazione eroico, terrificante e impietoso (terribile la crudele lotta col piccione). Suscita pietà e compartecipazione per le sventure che le occorrono, ma è anche inquietante come un gigantesco ragno, non dissimile dai molti insetti di cui il film è disseminato.
Quello di Naoufel invece è un viaggio sentimentale e di formazione, memore della grande stagione cinematografica del realismo poetico francese, eppure speranzoso nella possibilità di spezzare il cerchio con un grande balzo. E se l'evento che ha separato Naoufel e la sua mano resta in bilico tra un freudiano atto mancato di autopunizione e un ineluttabile fato non dimentico del passato, entrambi i personaggi lottano con la realtà nella consapevolezza di un mondo distratto e spaventoso eppure pieno di momenti di bellezza. E davvero tanta bellezza c'è in Dov'è il mio corpo?, nel suo tratteggio così preciso da definire scenari e emozioni con mimetismo quasi da rotoscope, eppure tanto delicato e sottile da trovare suggestioni malinconiche e tensioni ideali anche in una gru.