A distanza di due anni dal suo ultimo lavoro, Tim Burton torna nelle sale cinematografiche portando sul grande schermo un film liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Ransom Riggs.

La storia vede protagonista Jacob, un adolescente solitario e sognatore cresciuto in Florida, la cui unica vera fonte d’ispirazione è la figura del nonno paterno. Quando quest’ultimo muore in circostanze misteriose, a Jacob non rimane che partire alla volta del Galles, luogo in cui pare risieda un orfanotrofio per ragazzi “speciali” in cui il nonno è cresciuto…per scoprire finalmente la verità.

Non stupisce che Burton si sia interessato all’adattamento dell’opera di Riggs: il romanzo contiene infatti molte delle tematiche a lui care, più volte incontrate nei suoi lavori. Il film rappresenta l’ennesima dichiarazione d’amore del regista nei confronti del diverso, qui definito attraverso l’aggettivo “speciale”. Burton costruisce con grande maestria l’universo abitato da un gruppo di ragazzi che non possono e non potranno mai essere parte del mondo comunemente inteso come “normale”. Ognuno è dotato di una propria peculiarità: c’è chi possiede una forza straordinaria, chi è in grado di generare fuoco, chi è in parte costituito da api. Insieme questi ragazzi hanno trovato un proprio equilibrio e vivono in una sorta di dimensione alternativa grazie alla vigile guida di Miss Peregrine, interpretata da una fantastica Eva Green. Le sequenze più affascinanti sono proprio quelle girate nell’orfanotrofio, in cui l’ambientazione e i costumi conferiscono alla storia un’atmosfera di fascino e mistero, sempre velata di inquietudine.
Eva Green, la quale ha tutte le carte in regola per diventare la nuova musa di Burton, è sicuramente la presenza scenica più incisiva. Lo sguardo algido ma intenso, il candido pallore del viso, incorniciato da una chioma perfetta dalle sfumature blu, ne fanno la perfetta incarnazione di un personaggio fiabesco, rassicurante e perturbante al tempo stesso. Sarà proprio entrando in contatto con questo microcosmo capitanato da Miss Peregrine che il protagonista potrà finalmente capire cosa lo rende speciale. La sua è un’abilità impalpabile, ma estremamente importante: è in grado di vedere gli hollow, terribili mostri senza volto, invisibili a tutti gli altri.

La vista ed in particolare gli occhi, sono l’elemento cruciale di tutta la storia. Lo sguardo nei confronti del mondo che possiedono i ragazzi speciali è un dono prezioso, perché permette loro di vedere oltre il piatto pragmatismo della vita quotidiana. Contrariamente agli adulti, i quali sono convinti che tutto sia già stato scoperto e vivono in uno stato di perenne apatia e disillusione, i ragazzi sono animati dalla volontà di esplorare e scoprire nuovi mondi. Ed è solo grazie ad una veduta d’insieme più ampia e scevra di inutili sovrastrutture, che è possibile conoscere e apprezzare la diversità in tutte le sue forme, senza esserne spaventati. Risulta quindi abbastanza indicativo che il male, nel film incarnato da mostri definiti “vacui”, si nutra proprio degli occhi dei ragazzi: senza occhi, i personaggi perdono la loro essenza più profonda e muoiono.
Nel complesso il film risulta godibile, disseminato qua e là di echi burtoniani che rimandano a Edward Mani di Forbice o a Big Fish. Tuttavia si ha l’impressione che la storia venga conclusa in maniera un po’ troppo precipitosa. Diversi spunti non sono adeguatamente sviluppati e purtroppo molti personaggi sono solo abbozzati, uno su tutti il cattivissimo Mr. Barrow interpretato da Samuel L. Jackson: scavare più a fondo nella sua psicologia avrebbe sicuramente giovato alla resa finale del personaggio, a tratti un po’ macchiettistico.

Barbara Monti