A Gender Bender 2016 il film Oriented mostra come normali sentimenti tra persone dello stesso sesso in alcuni luoghi del pianeta – per esempio in Medio Oriente – debbano fare i conti con la politica e la storia. 

“Sono innamorato del nemico (…) e se poi mi lascia? Rimango senza niente: rinuncio ai miei ideali per una persona, se se ne va non ho più la persona e non ho più i miei ideali. Non ho più nulla”. Sono parole di Fadi Daeem, palestinese, omosessuale. Non stonerebbero in bocca a chiunque – uomo o donna, etero o gay – conosca sulla propria pelle cosa significhi abitare un paese lacerato dalla guerra. Nell’estate del 2014 i telegiornali riportano la notizia del rapimento e della successiva uccisione di tre ragazzi Israeliani, prima approvata e poi rivendicata da Hamas; tanto altro sangue sarà versato nelle durissime rappresaglie. In un paese così, pensa Fadi, sarebbe molto meglio che la storia di una notte tra lui e l’Ebreo Benyamin rimanesse tale. Facciamo anche finta che non ce lo abbia, un nome: chiamarlo “il nemico” fa sentire molto meglio.

Come omosessuali, però, Fadi e gli amici Khader e Naeem vivono due guerre, che si combattono su piani diversi ma si sovrappongono con devastante effetto di amplificazione. Da una parte attivisti per i diritti civili in fuga dalla claustrofobica realtà dei loro villaggi natii; dall’altra (chi più e chi meno orgogliosamente) arabi, con il boato dei missili israeliani sempre nelle orecchie. Fondano Quambuta Productions per reclamare (con una buona dose di autoironia: basti pensare che “Quambuta” significa “cavolfiore”) la loro appartenenza a una generazione tutta nuova grazie a sgangheratissimi pseudovideoclip casalinghi. Quambuta poteva nascere solo a Tel Aviv, Israele, città che simboleggia ambiguamente – ribaltandolo – il loro dramma: più permissiva dei piccoli villaggi in tema di omosessualità ma anche infinitamente più spietata nella demarcazione del confine tra i due popoli in lotta (- Qui siamo “noi” e “loro”-). E per irriverenti che siano in tema di sessualità i video di questi ragazzi, lo sono soprattutto a partire dalla cultura e dall’immaginario arabi. La loro cultura, il loro immaginario.

Dovunque si voltino, per quante strade alternative battano (cercando una conciliazione con la famiglia magari; o sognando i coloratissimi cortei di quel paradiso di tolleranza e pace che deve sembrargli una capitale europea come Berlino) lo sfogo di Fadi continua a trovare ragion d’essere; dentro di loro si combatte esattamente come fuori. Sempre a Tel Aviv l’Ebreo inglese Jake Witzenfeld li ha convinti della possibilità di un film sulla storia loro e di Quambuta; il risultato è questo Oriented che li trova scherzosi, a loro agio davanti alla macchina da presa, molto più attori di quanto l’etichetta di “documentario” non lasci supporre, e che si fida dello spettatore fino a illuderlo – per un momento – di poter capire davvero un dolore simile.

Lorenzo Meloni