Ispirato a fatti veri e frutto di una lavorazione durata quasi un decennio, il film affronta il dramma dei bambini soldato nell’Africa sud-sahariana. Komona ha quindici anni, è in attesa di un figlio frutto una violenza per mano del comandante delle milizie ribelli. In attesa di trovare la forza di amare il bambino, ripercorre i suoi tre anni di dolore e sofferenza da quando, strappata brutalmente alla famiglia dai soldati e obbligata a un duro addestramento, è arruolata e costretta a combattere. Unica superstite del suo gruppo dopo un’imboscata, viene pensata una strega capace di prevedere gli avversari e per questo ottiene la protezione dal capo dei ribelli. Ma è nell’incontro con il giovane stregone che la vita pare prendere una nuova direzione. Sposatisi da disertori, i due saranno rintracciati e separati e Komona costretta nuovamente alla guerra e a giacere con il comandante.

Se Herzog faceva del distacco formale tipico del documentario la chiave per affrontare l’analoga tematica ne La ballata del piccolo soldato, è in maniera cruda e senza pietismi che Nguyen mette in scena il dramma collettivo di un popolo, con uno stile di evidente influenza neorealista: riprese dal vero, attori non professionisti (tra cui la giovane Rachel Mwanza premiata, oltre ai suddetti Berlino e Tribeca, anche a Vancouver, Jutra e Canadian Screen Awards 2013) e piccole divagazioni sulla vita quotidiana locale, tra cui la poetica parentesi di richiamo desichiano della ricerca del gallo bianco, unica condizione perché i due ragazzini possano sposarsi. E tipicamente neorealista è l’indignazione del regista per la realtà dei fatti, che arriva allo spettatore evitando il torpore di una visione distratta.

Ma la nota di speranza è tutta dell’autore. Quel bambino nascituro, pur segno indelebile di una tragica esperienza, è una vita nuova da custodire e tutelare, su cui riversare speranza e desideri perché il tempo perduto di Komona possa essere vissuto dalla sua creatura, vittima innocente di una crudele realtà che chiede con voce potente e disperata di essere affrontata.

Lapo Gresleri