La realtà delle migrazioni nel XXI secolo sta facendosi questione sempre più urgente nel contesto socio-politico europeo e soprattutto in quello italiano, teatro di frequenti episodi drammatici quanto lesivi della dignità umana. Se ignoranza e disinformazione ostacolano lo sviluppo di un tessuto multiculturale nazionale, è più che mai necessario fornire un adeguato apporto educativo che contribuisca a sensibilizzare i cittadini su un tema che li coinvolge ad ogni livello della vita civile.

È l’intento che si propone Human Rights Nights Film Festival attraverso un ricco programma, inaugurato dalle vicende personali degli allievi di una scuola per emigrati nel mockumentary di Daniele Gaglianone La mia classe che hanno fornito la base per il successivo dibattito nella matinée studentesca di Mercoledì. Le dure testimonianze dei profughi libici respinti in patria in seguito agli accordi tra Italia e Libia nel 2009 in Mare chiuso (Andrea Segre) e la vita nel campo rom di via Salone a Roma oggetto di Container 158 (Stefano Liberti, Enrico Parenti), Giovedì hanno portato l’attenzione su scioccanti quanto assurde contraddizioni e falle nella gestione dei flussi migratori nel Paese.

Ma è oggi che il Festival dà maggior rilievo all’argomento con due appuntamenti pomeridiani. Presso la Sala Cervi della Cineteca di Bologna sarà presentato L’ospite desiderato, cortometraggio sulla tematica dell’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati realizzato da ASP IRIDeS, che da anni si impegna sul territorio con servizi miranti alla promozione e alla tutela dei diritti dell’infanzia, dell’adolescenza e della famiglia.

Mentre al Cinema Lumière, in linea con i film delle giornate precedenti, tre documentari affronteranno l’immigrazione attraverso i racconti di dolorose esperienze legate alla tematica. Si inizia con In nome del popolo italiano, breve documentario di Gabriele del Grande e Stefano Liberti sul CIE romano e su chi – pur senza aver commesso alcun reato – vi è detenuto come in un carcere. A seguire Va’ pensiero di Dagmawi Yimer, rifugiato dall’Etiopia qui al suo decimo lavoro con un’inchiesta che snodandosi tra Milano e Firenze (scenari di due aggressioni a sfondo razzista rispettivamente nel 2009 e nel 2011 che hanno avuto per vittime tre ragazzi senegalesi), ne ricostruisce gli eventi interrogandosi su cosa significhi essere immigrato oggi.

Chiude il programma Sui bordi – Dove finisce il mare di Francesca Cogni. Utilizzando immagini girate dai migranti stessi con telefonini e videocamere, il film procede per accumulo seguendo un percorso ideale dal mare a Lampedusa, terra promessa che spesso si rivela spiaggia desolata dove si arenano i sogni, come dimostrano le animazioni in olio su vetro che contrappuntano le immagini, rielaborando graficamente drammi umani il più delle volte ridotti a sintetiche notizie di cronaca.

Film scomodi e coraggiosi, che dimostrano la necessità di un dialogo tra comunità e istituzioni che vada oltre il retorico “ché non si ripeta nel futuro”, che porti a un’adulta e consapevole presa di coscienza – e dunque di posizione – individuale e collettiva.

Lapo Gresleri