Mentre in Francia il movimento del Sessantotto aveva dato il via alla scoperta di nuove culture, la rivoluzione culturale in Cina stava contemporaneamente chiudendo le vie di comunicazione con l’estero. In quel periodo Marie-Claire Kuo, curatrice della sezione La rinascita del cinema cinese (1941-1951), era ricercatrice presso il dipartimento di cinese dell’Université Paris-VII. La sua missione di approfondimento e condivisione della cultura cinese attraverso il cinema la condusse a fondare nel 1979 il Centre de documentation et de recherche sur le cinéma chinois (CDCC). I film cinesi in rassegna al Cinema Ritrovato provengono principalmente da questa collezione.

CM: Com’è iniziato il suo progetto di ricerca sul cinema cinese?

MCQ: All’inizio degli anni settanta in Francia le università avevano da poco iniziato ad offrire corsi di cinese base. Molti studenti si erano iscritti, ma all’epoca, verso l’inizio della rivoluzione culturale cinese, non c’era alcun libro a disposizione che provenisse dalla Cina, nessun contatto possibile con la Cina per le università. Abbiamo pensato di mostrare dei film agli studenti per provare a riequilibrare quello che si raccontava in TV - il libretto rosso, gli slogan, ecc. - per far capire che la Cina è comunque composta non solo di questo, è un paese molto più ricco e complesso. Così abbiamo iniziato a proiettare film, inizialmente quei pochi provenienti dal Taiwan e Hong Kong che si potevano trovare in Francia. Dopodiché, visto che a quei tempi i ricercatori universitari non erano i benvenuti in Cina, siamo andati a Hong Kong, dove abbiamo iniziato a cercare più film, anche con l’aiuto di alcuni produttori tra cui Wu Xingzai, un importante produttore di Shanghai, e Tong Yuejuan, che ci diede la copia di Tieshan Gongzhu (La principessa dal ventaglio di ferro) che era riuscita a portare con sé dalla Cina quando era emigrata a Hong Kong dopo la guerra.

Durante questa ricerca, abbiamo provato a trovare film interessanti da valorizzare. Li guardavamo in 16mm, c’erano tante di copie disponibili in questo formato dal momento che erano state mandate in onda in TV e in seguito le persone non le volevano più, ragion per cui queste copie si potevano comprare. Però era difficile trovare le versioni corrette, in alcuni casi i titoli di testa erano stati alterati. Controllavo le copie insieme a mio marito e ad altre persone che avevano una conoscenza del cinese migliore della mia. Consultavamo anche un libro sulla storia del cinema cinese che era stato pubblicato prima della rivoluzione culturale, ormai stato proibito in Cina, ma del quale avevamo trovato una copia a Parigi, e a Hong Kong recuperammo altro materiale e documentazione.

CM: Quali sono state le principali sfide nella conservazione dei film ritrovati?

MCQ: La grande difficoltà iniziale era trasportare le copie. Abbiamo ricevuto un generoso supporto da nostri amici di Air France, che hanno capito che si trattava di qualcosa di culturalmente importante e ci hanno aiutato a trasportare i film. Una volta arrivati in Francia, abbiamo depositato i film nell’ “Archives françaises du film”, appena fondato negli anni Settanta, conservandoli a freddo. Così ora abbiamo delle copie di alcuni film che non esistono altrove, perché abbiamo iniziato a collezionarli presto e li abbiamo conservati in questa maniera, a freddo, mentre a Hong Kong la conservazione non era possibile perché non c’erano archivi prima della partenza degli inglesi. Non è stato facile, perché nessuno capiva l’interesse di conservare queste copie, finché alcuni contatti a Taiwan hanno proposto un progetto di restauro e ci hanno dato delle copie restaurate. Purtroppo numerose copie sono andate perdute, perché all’epoca non era possibile restaurare tutto quello che era stato ritrovato.

CM: Ci può raccontare qualcosa su altri titoli di questa rassegna al Cinema Ritrovato?

MCQ: Uno dei film in questa rassegna, Wanjia Denghuo (Luci di diecimila case) proviene dalla collezione di copie dell’Ambasciata cinese a Parigi che abbiamo recuperato due anni fa, una collezione molto importante di circa 1000 titoli tra cui 500-600 documentari e 450 fiction. Conoscevo già bene questo film, perché era uno dei primi che ho condiviso con gli studenti quando abbiamo dato avvio alla nostra associazione nel 1979. Penso che sia anche per questo motibo che ci hanno affidato la collezione, perché abbiamo sempre valorizzato questi lavori. Rimane un progetto ambizioso, poiché il CDDC è un’associazione culturale con pochi mezzi a disposizione, ma grazie a Gian Luca Farinelli (direttore della Fondazione Cineteca di Bologna) e Davide Pozzi (direttore del Laboratorio L'Immagine Ritrovata) che ci ha presentati, speriamo di fare conoscere il nostro lavoro e ottenere sostegno per conservare i film, proseguendone i restauri.