"Limonov è stato teppista in Ucraina, idolo dell’underground sovietico, barbone e poi domestico di un miliardario a Manhattan, scrittore alla moda a Parigi, soldato sperduto nei Balcani; e adesso, nell’immenso bordello del dopo comunismo, vecchio capo carismatico di un partito di giovani desesperados. Lui si vede come un eroe, ma lo si può considerare anche una carogna: io sospendo il giudizio".

Queste righe del primo capitolo del libro di Emmanuel Carrère ci danno le coordinate con cui leggere e decodificare Limonov, tratto dal romanzo del 2011 dello scrittore francese, il film di Kirill Serebrennikov sospende il giudizio, e se ne formula uno lo nasconde molto bene in un marasma di rumori assordanti e immagini sgargianti.

Serebrennikov riporta la versione romanzata delle ascese e delle cadute di Eduard Limonov, personaggio controverso e indecifrabile che ha vissute mille vite diverse: dall’infanzia e adolescenza di povertà e delinquenza all’ascesa sociale come giovane poeta cullato dalla società underground sovietica, fino alla permanenza a New York fatta di sesso, stupefacenti e ancora sesso e che fa da spugna che cancellerà tutto che è venuto prima, tranne la sete di riscatto di Eduard detto Eddie. È proprio l’ambizione il motore del racconto della vita piena di pericoli e di eccessi del poeta, e l’ambizione è una forza cieca e caotica, capricciosa e perennemente insoddisfatta, pronta a spazzare via ogni cosa e a rimescolare le carte in tavola.

Il tempo del racconto di Limonov sembra travolto da questa forza dispettosa, con diversi flashback dei viaggi di Eddie che aprono delle crepe nelle sua frastagliata personalità. Ed è ancora New York, città delle opportunità colte per caso e perse per scelta e di una rabbia in costante detonazione, a diventare cantrice di questa ballata "acida e bellicosa" come l’indole a cui si rifà il nome d’arte di Eduard.

Le immagini della vita di Limonov mantengono la consistenza cartacea del romanzo da cui sono tratte: il film di Serebrennikov è un tripudio di collage dal sapore dadaista, con il suo scomporre la realtà per poi riassemblarla in un’immagine allucinatoria che ne fa emergere le crepe, le storture e le verità più profonde.

Limonov gioca sui confini labili che rendono così interessante il personaggio di Eduard: a metà tra masochismo e grandeur, egotismo e disprezzo di sé, il Limonov di Serebrennikov si colloca a metà tra il racconto epico e il romanzo di formazione e, come una granata, li fa saltare in aria. Quasi a ricordarci che nel mondo contemporaneo non è possibile né essere giovani né tantomeno eroi.