Martin Eden conosce la bella Elena, figlia di un ricco industriale, se ne innamora e per lei vuole cancellare le sue origini modeste. Affascinato dal mondo borghese vorrebbe farne parte. Così, facendosi aiutare dalla ragazza, riprende lo studio e da solo legge i grandi classici e gli scrittori più celebri. I libri lo incantano, i mondi che gli raccontano sono per lui come canti delle sirene e di lì a poco decide di voler diventare uno scrittore di successo. Quando però scopre la falsità dell’amata e della sua borghesia per lui è tardi. Martin Eden di Pietro Marcello mantiene un profondo legame con il romanzo di Jack London, ma adattato Martin non vive più in California bensì in una città italiana. Luca Marinelli, sempre impeccabile, dà il volto a quell’Eden che spalanca gli occhi esterrefatto quando, per la prima volta nella sua vita, viene presentato come “signore” e che infatti, da quel momento, decide di ripudiare in parte l’istruzione della strada preferendo quella dell’alta società. “Considerando l’andatura spedita di chi lo precedeva, si accorse per la prima volta che il suo modo di camminare era diverso da quello degli altri. Provò una subitanea vergogna”, così Jack London descrive il suo Martin Eden.

Pietro Marcello ripercorre i momenti principali di quell’opera descrivendo i tormenti, i sogni e le speranze di Martin e le fa sue, collocando il personaggio in un tempo non preciso, bensì in una cornice sporca e giallognola del 1900 in una città, una Napoli, che però noi spettatori non vediamo. Pietro Marcello pone l’accento su diverse tematiche e tratta quindi delle differenze di classe, del ruolo degli individui e delle masse, del lavoro e degli scioperi, senza dimenticare il lato più sensibile del suo personaggio. Così il cineasta, di tanto in tanto, ci regala perle appartenenti alle memorie di Martin, testimonianze di vita e stati d’animo, mostrandole e inserendole come materiale di repertorio e quindi tornando, in un certo senso, alle proprie origini cinematografiche.

Pietro Marcello come in La bocca del lupo cerca anche per Martin Eden uno sguardo che catturi l’intimità, i pensieri e le azioni del protagonista conservandone una grandiosa potenza. Evitando gli eccessi compone un’opera intrisa di “un appassionato realismo”, come lo è il Martin Eden di London, e costruisce un personaggio in cui tutti possono vedere se stessi. Guardare il signor Eden nella sua disfatta fisica e psichica è doloroso, anche se Pietro Marcello nel suo film avrebbe potuto approfondire ulteriormente questa seconda parte con le immagini piuttosto che con le parole. Infatti Martin Eden è davvero un racconto per immagini, un insieme di quadri che mostrati allo spettatore, dal primo all’ultimo, lo affascinano per la sua perfezione ed il suo realismo.