Approfittando della proiezione di Tabu al cinema Lumière, possiamo approfondire questo capolavoro non distribuito in Italia attraverso alcuni materiali. Qui una bella intervista al regista Miguel Gomes, ex critico e cinefilo di razza, sulle pagine online di DoppioZeroQui il video del bell’incontro che Gomes ha tenuto al recente Torino Film Festival. Tra le molte recensioni entusiaste del film, estraiamo alcune parti di quella, suggestiva, che Louis Guichard gli ha dedicato su Télérama, rivista culto della cultura giovanile francese.

“Nella realtà, il monte Tabou non esiste, né in Mozambico né altrove in Africa. Sarebbe troppo bello. Ora niente è troppo bello per questo film d’amore epico, fatto di invenzioni e pure folgorazioni. Un coccodrillo ne è l’emblema, il totem, quasi il coro antico. Quando appare è ancora un cucciolo, il fantastico regalo di un giovane marito felice alla sua sposa, nell’Africa coloniale degli anni ’60. La sola presenza dell’animale, ancora nella “culla”, suggerisce non si sa  quale pericolo, desiderio fatale, tragedia a venire.

Il film raggiunge il suo apice con la rivelazione progressiva di questa storia segreta di adulterio e trasgressione, dal momento che Aurora è incinta di suo marito. L’inizio della guerra coloniale, gli spari,   l’atmosfera soave e malinconica nella piccola comunità portoghese condannata alla disgregazione, il desiderio proibito che si muove tra Aurora e il suo amante, il passare delle ore e dei giorni ai bordi delle vecchie piscine, il ritornello al pianoforte, sgranato dalla colonna sonora. Tutto contribuisce a una meraviglia di  cinema languido, incredibilmente  cugino di India Song di Marguerite Duras, esilio, esotismo decadente, amore impossibile.

Tabu nasconde  un’appendice di malizia, un tocco pop, un dandysmo un po’ assurdo, si sentono spesso suonare le  canzoni degli anni ‘60, alla maniera yèyè  portoghese, dall’Orchestra in cui Ventura è batterista . Una delle riuscite del film,  e la sua modernità,  consiste nel mischiare idealmente questo leggero ridere con discrezione  e una grande intensità romanzesca . Raccontare  nello stesso tempo l’irrisorio e la grandezza delle passioni. La divisione in due parti distinte, con questo prologo contemporaneo a Lisbona, intitolato “Paradiso Perduto”, e dopo questo racconto africano  “Paradiso”, è evidentemente una dolce ironia. Come tutti dicono, come Proust l’ha ben formulato, i soli paradisi possibili sono quelli perduti”.