Cinefilia Ritrovata sta seguendo Venezia Classici, sezione dedicata al grande cinema del passato all’interno della 73ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia (potete leggere gli articoli precedenti qui). In occasione del 20° anniversario della morte di Marcello Mastroianni, la sezione propone Oci ciornie, pellicola del 1987 firmata Nikita Michalkov con protagonista il grande attore in uno dei suoi abiti migliori e interpretata tra gli altri da Silvana Mangano, Isabella Rossellini e Roberto Herlitzka. Il restauro è figlio di una collaborazione tra Istituto Luce Cinecittà, CSC – Cineteca Nazionale, VIGGO Srl e Rai Cinema, presenta circa 20 minuti di materiale inedito e un finale differente dalla versione presentata a Cannes nel 1987, quando Mastroianni si aggiudicò la Palma d’oro per la miglior interpretazione maschile.
È liberamente tratto da alcuni racconti di Anton Čechov, autore particolarmente caro a Michalkov ma soprattutto a Marcello che gli dedicò queste parole:
«Quando ho interpretato il dottor Astrov in Zio Vanja, ho avuto un colpo di fulmine per Čechov […] Forse amo Čechov in modo così speciale perché i suoi personaggi, i suoi racconti assomigliano alla vita. O forse corrispondono alla mia natura, anche alla mia natura d’attore. Mi piace quel piccolo mondo sommesso fatto di personaggi pieni d’illusioni, inconcludenti, immersi in una eterna, cialtronesca vaghezza: creature fantasiose, al tempo stesso vittime e complici del mondo che le circonda: e proprio per questo testimoni scettici e sarcastici – cioè degni di fede. E poi le loro meschinerie, le loro gelosie, il loro ridicolo: sì perché secondo me Čechov è l’autore della commedia russa»
Romano, italiano, e Pavel, russo, s’incontrano per caso nel ristorante di un piroscafo ancora chiuso e cominciano una conversazione in cui Romano finirà per sviscerare alcuni momenti salienti della sua vita. Laureato in architettura, durante l’università incontra Elisa, ricca donna che sposerà e con la quale avrà una figlia. A Romano non sarà mai concesso il privilegio di occuparsi degli affari di famiglia, cosicché si abituerà all’agio e al dolce far nulla. Quando i primi problemi finanziari verranno a galla si allontanerà dalla moglie per trascorrere del tempo in un centro benessere. Qui, in seguito a svariate avventure, conoscerà Anna, fredda e affascinante dama russa con la quale avrà una relazione che gli ruberà il cuore e lo spingerà a intraprendere un viaggio nelle fredde campagne intorno a San Pietroburgo.
L’amore è elemento centrale della narrazione: dapprima narrato solamente dalle parole di Romano, quello con la moglie Elisa, un amore ormai passato, tramontato; poi quello più fresco e bruciante, fatto questa volta d’immagini e intensità, nel quale lo spettatore entra, soffre e combatte assieme al protagonista. Sembra volger tutto verso una lieta conclusione, ma si sottovaluta la reale natura di Romano, personaggio čechoviano per eccellenza, «pieno d’illusioni, inconcludente, immerso in una eterna, cialtronesca vaghezza», che tornato a Roma si scorda presto del pegno d’amore, dimentica Anna e ripiomba in quel circolo dal quale fino ad un momento prima aveva tutta l’intenzione di allontanarsi, dimostrandosi vittima e al tempo stesso complice, rimanendo schiacciato dall’universo familiare e incapace di quella decisione e sincerità che gli avrebbero regalato una vita felice e senza rimpianti.
Oltre all’immensa prova di Mastroianni ci troviamo di fronte a un’opera ricca, sapiente, che dipinge il declino di un uomo e di una classe, l’incontro d’individui appartenenti a società differenti e che cerca di porre una domanda di fondo: l’amore non può durare troppo a lungo, come sostiene il frizzante e farfallone Romano, oppure quello vero non può spegnersi perché chi ama sul serio aspetta tutta una vita, come ribatte il devoto Pavel? E la risposta che lo spettatore deciderà di darsi è guidata dal freeze-frame finale, ciliegina sulla torta di questa preziosa proiezione.
Stefano Careddu