In occasione della serata conclusiva del festival Visioni Italiane, è stato proiettato al cinema Lumière Qualcosa di noi, lungometraggio di Wilma Labate realizzato con la partecipazione degli allievi della scuola Bottega Finzioni di Bologna. Il film nasce come testimonianza dell’incontro tra Jana, una prostituta, e gli allievi del laboratorio di scrittura bolognese. Wilma Labate conduce i suoi studenti in un borgo fuori Bologna, in mezzo ai campi, in un’antica casa di appuntamenti: tra chiacchiere, discussioni e passeggiate, la regista riprende il confronto tra il gruppo ed una donna che ha scelto, consapevolmente, di vendere il suo corpo.
Jana è forte e carismatica, i capelli cortissimi biondo platino ed il corpo zeppo di tatuaggi, parla liberamente del suo mestiere e del sesso e si fa discreta e delicata, invece, quando si tratta di sentimenti e di amore. Corpo, lavoro e denaro diventano i temi principali di cui si chiacchiera: tra parole e gesti si susseguono i racconti divertenti e personali di ognuno, le curiosità, gli imbarazzi, le perplessità e le confessioni di Jana, che mercifica il suo corpo con aspra consapevolezza. La pellicola, dall’impronta documentaria, si smarrisce nella parte conclusiva, divagando alla rincorsa delle storie personali di alcuni allievi (tra cui Laura, occupante del Teatro Valle di Roma ed Orso, londinese d’adozione) e perdendo il suo centro di forza propulsiva.
Ad ogni modo, il film ha il merito di sollevare con delicatezza una serie di questioni ad oggi ancora difficili da affrontare liberamente, tra cui la prostituzione, il mestiere più antico del mondo, quasi impossibile da considerare come una scelta presa liberamente. Jana, con una famiglia alle spalle, si vende perché sono “soldi facili e veloci”. E’ lei stessa a porre la domanda ad alcune ragazze: “tu lo faresti?” e a mettere in scacco i suoi interlocutori.
Il film non sentenzia, e non vi è alcun giudizio morale su Jana e sulla sua professione: questo dà vita ad un documentario aperto all’ascolto ed al confronto, all’interrogativo senza la risposta giusta. Di fronte allo schermo, siamo costretti a ripensare e rivalutare continuamente i preconcetti che ci portiamo dietro rispetto ad un universo tabù: la consapevolezza e l’accettazione che Jana ha di se stessa, non prive di dolore, spiazzano e fanno riflettere.
Caterina Sokota