I tetti di Bologna, il mare che bagna le isole Tremiti, l’Etna… e un cappello appoggiato su una sedia. Lucio Dalla non appare sullo schermo, ma la sua presenza pervade l’atmosfera. È proprio così che il regista Mario Sesti ha scelto di raccontare Lucio: attraverso l’assenza. Dalla appare relativamente poco durante il documentario, e quasi sempre in fotografia, la sua voce non si sente mai. Con Senza Lucio il regista, che ha introdotto la proiezione, ha voluto parlare dell’uomo, non dell’artista. Sono le persone che lo hanno conosciuto e frequentato a raccontarci quel turbine di energia che era Lucio Dalla. A partire da quella di Marco Alemanno, suo collaboratore e compagno (il quale ha fornito molto del materiale utilizzato da Sesti), che ci accompagna con la sua voce come narratore fuori campo.
Le testimonianze sono davvero tantissime e variegate, da Renzo Arbore a Piera Degli Esposti, da Paolo Nutini a Angelo Leonelli, caro amico napoletano di Dalla, i cui racconti hanno ispirato la scrittura di Caruso. E ancora, Charles Aznavour, John Turturro, Enzo Bianchi, Paola Pallottino: tante persone appartenenti a sfere diverse, che dimostrano l’instancabile voglia di provare nuove strade che caratterizzava Dalla. La curiosità, la voglia di sperimentare e di mettersi in gioco, l’entusiasmo per la vita, la generosità: questi sono i tratti di Lucio che emergono dalle testimonianze dei suoi amici e collaboratori.
Il documentario di Sesti è un viaggio tra parole, immagini e luoghi che vanno a comporre un ritratto affettuoso di Dalla, senza il bisogno di ripercorrere una cronologia degli eventi significativi della sua vita. Sono tanti frammenti, suggestioni, ricordi, che messi insieme vanno a formare un’immagine di Lucio dal tocco impressionista: i contorni sono sfumati, lo sfondo non è nitido. Perché se c’è una cosa che risulta evidente dal documentario è che Lucio era tantissime cose diverse insieme: in lui convivevano il dramma e la commedia, la leggerezza e il dolore esistenziale, il piacere di ascoltare le storie delle persone e la reticenza assoluta a parlare della propria.
Senza Lucio mira a sedimentare un racconto di vita con uno stile leggero e senza intenti celebrativi, ma con la voglia di condividere qualcosa che, citando le parole di Alemanno, “altrimenti sarebbe rimasto chiuso nei cassetti della memoria”, lasciando dietro di sé solo il vuoto dell’assenza.
Barbara Monti