“Ritmo sapiente del découpage; splendida stilizzazione della ricostruzione plastica; scene d’azione collettive, duelli e inseguimenti dal brio sfrenato; fantasia e potenza: perché queste qualità dovrebbero essere lasciate al solo cinema americano?”. Così Jacques Lourcelles a proposito di Aquila Nera, secondo film (dopo Il cavaliere misterioso) della retrospettiva che Il Cinema Ritrovato dedica a Riccardo Freda. Un maestro del cinema popolare più noto e apprezzato all’estero che in patria, una figura di non facile rivalutazione perché, come ha spiegato oggi il curatore della rassegna Emiliano Morreale (CSC – Cineteca Nazionale), “troppo classico per i cinefili pop ma troppo popolare per essere considerato classico”. La selezione proposta al festival attinge al “periodo d’oro” della carriera del regista, quello compreso tra il primo dopoguerra e l’inizio degli anni Sessanta, ed è emblematica della varietà di generi esplorati dal suo cinema.

Ambientato nella Russia d’inizio Ottocento, Aquila Nera mescola abilmente avventura ed elemento romantico, inserendo nel racconto della rivalità tra Vladimiro Dubrovskij, divenuto bandito per vendetta, e il crudele usurpatore Kirila Petrovic, l’innamoramento del protagonista per Masha, la figlia del rivale. Enorme successo commerciale del 1946, Aquila Nera permette di identificare due delle linee guida del cinema di Freda, l’ispirazione letteraria (in questo caso un racconto di Puskin) e il forte debito nei confronti del cinema muto (nel 1925 Clarence Brown diresse una versione del medesimo racconto con protagonista Rodolfo Valentino).

Curiosamente, ha spiegato sempre Morreale, la versione internazionale proiettata oggi contiene le prime scene di nudo integrale femminile del cinema italiano (la scena delle donne alle dipendenze di Kirila Petrovic al bagno), destinate al mercato arabo, a detta di Freda, che sostiene anche di non averle girate personalmente.