Grazie al documentario The long road to the Hall of Fame, del regista marocchino ma bolognese d’adozione Reda Zine, ripercorriamo cinquant’anni di storia afroamericana che si specchia nella poliedrica vita di Tony King, giocatore professionista di football, attore, testimonial pubblicitario, guardia del corpo del ministro Louis Farrakan e oggi del gruppo musicale Public Enemy.

Il film inizia con i ricordi di un’infanzia povera ma felice vissuta in Ohio dove la parola “ghetto” veniva pronunciata in tv ma non aveva contorni ben definiti, dove l’importante non era uscire dal ghetto ma diventare giocatori professionisti di football. E con grande determinazione e l’appoggio dei genitori, tra il 1965 e il 1967, Tony King e il fratello Charlie riescono a concretizzare il loro sogno: diventano i primi fratelli afroamericani a giocare insieme come professionisti nei “Buffalo Bills”, squadra dell’America Football League e ad entrare nella prestigiosa sala Pro Football of Fame. Ma anche nel privilegiato mondo del football la questione razziale si insinua e ad un certo punto – come dichiara lo stesso Tony con grande autoironia – la situazione si fa veramente nera. Tony esce dalla squadra e passa al mondo dello spettacolo: diventa attore in famosi spot pubblicitari e interpreta diversi film e serie televisive al fianco di attori affermati come Jack Palance. Ma negli anni ’70 all’apice della sua carriera nel mondo dello spettacolo (partecipa anche al “Padrino” di Coppola) l’ipercinetico Tony non trova pace, si converte all’islam, diventa membro della Nation of Islam, cancella il suo nome da schiavo e assume quello di Malik Farrakhan, in onore del discusso ministro Louis Farrakan. Diventa quindi una delle guardie del corpo del ministro e in seguito, entrato in contatto con i Public Enemy (il famoso e importante gruppo musicale hip hop statunitense che si è fato portavoce di diversi temi caldi della comunità afroamericana), diventa loro capo della sicurezza e loro figura di riferimento.

Reda Zine si accosta a questo personaggio con curiosità e ammirazione, inquadrando da vicino i particolari fisici di questo bel sessantenne che in una sola vita ne ha vissute tante parallele. Il regista indugia sulla bellezza di Tony ma soprattutto sul suo carisma che traspare nei gesti sicuri, negli occhi entusiasti e ancora pieni di vita, nel grande amore e rispetto che i famigliari e amici nutrono verso di lui. E come se a stupirci non bastassero tutte le funamboliche e sorprendenti evoluzioni della vita di Tony – accompagnata nel film dalle belle musiche di Fabrizio Puglisi – il documentario ci riserva anche un piccolo colpo di scena su cui meditare: la strada è lunga e non abbiamo ancora finito di percorrerla.

 

Lorenza Govoni