Se su The Awful Truth, una delle commedie più importanti e celebri degli anni trenta nonché uno degli archetipi della cosiddetta “screwball comedy”, si è giustamente già scritto e detto molto, meno conosciuto è Mighty Like a Moose, cortometraggio del 1923 dello stesso McCarey, la cui proiezione è stata associata proprio al film con Cary Grant e Irene Dunne. Scelta intelligente e significativa, perché il corto anticipa alcune tematiche fondamentali de L’orribile verità. Nella cornice di farsa slapstick, Mighty Like a Moose non è solo un film irresistibile e ricco di gags importanti (la finta rissa, per esempio), e non è solo una piccola dimostrazione di utilizzo comico degli spazi e degli ambienti: è anche una sorta di anticipazione di tematiche e caratteristiche della “screwball” che esploderà una decina di anni dopo. A partire dai personaggi e dalle situazioni stravaganti; il film racconta di una coppia di “bruttini”, lui con denti da coniglio e lei con un naso enorme (che, “se l’avesse avuto Mussolini, l’avrebbero già ucciso” come recita una didascalia del film). Entrambi, risolti i loro problemi estetici grazie alla chirurgia plastica, cadono nella tentazione dell’avventura extraconiugale, non accorgendosi di corteggiare proprio il coniuge, non riconosciuto dopo l’operazione. Gli ovvi equivoci e malintesi sfociano in un lieto fine sarcastico e sbeffeggiante, non del tutto consolatorio, anche questo tratto tipico della futura screwball.
Elementi ancora più importanti, che ritroveremo in molte screwball e, nello specifico, in The Awful Truth, sono la centralità della recita di una parte e soprattutto le continue tensioni centrifughe che mettono alla prova e in crisi un rapporto, scoperchiando così il vaso di pandora delle piccole ipocrisie, delle regole imposte e non rispettate e delle recriminazioni. Senza dimenticare un certa atmosfera di “politicamente scorretto” ante-litteram, anche questa destinata a ritornare. Così, in un certo senso, McCarey con Mighty Like a Moose sembra sotto più punti allenare lo sguardo e il “touch” che renderanno The Awful Truth una commedia memorabile. Il film interpretato da Cary Grant, icona del filone, e da Irene Dunne, perfetta, supportati da comprimari altrettanto formidabili (da Ralph Bellamy a Cecil Cunningham), è un perfetto meccanismo di sottile, elegante e sarcastica cattiveria, in cui il continuo gioco delle parti e lo scambio dei ruoli -i due si scambiano continuamente i vestiti di vittima e di carnefice- rende i protagonisti vittime non solo, semplicemente, delle loro schermaglie sentimentali, sottolineate dai momenti più “sophisticated”, ma anche di convenzioni sociali e culturali che iniziano a traballare, sottolineate invece dai momenti più propriamente “screwball”.

Da questo punto di vista,  non è un caso che, proprio come in Susanna, altro archetipo fondamentale del filone, sia proprio la donna a far andare, in fin dei conti, le cose come vuole lei e a controllare con maggior successo il gioco delle parti; segno di una consapevolezza del ruolo femminile in cambiamento.

Edoardo Peretti