La sezione dedicata ad Albert Samama Chikly, pioniere del cinema tunisino, si arricchisce grazie alla proiezione di The Arab (1924) di Rex Ingram. Tutto parte da un fotogramma tratto dal libro di Guillemette Mansour in cui Ramón Novarro, vestito da sceicco, appare accanto ad Haydée Chikly, figlia del cineasta. La giovane non appare nel cast dell’opera, quindi doveva avere un ruolo marginale. Pur essendo ambientato in Siria, il film è girato in Tunisia, ecco quindi spiegata la presenza di Albert Samama Chickly all’interno della produzione e quindi poi della figlia come comparsa.  Purtroppo il film è incompleto, la copia proiettata è quella conservata presso il Gosfilmofond  con didascalie in russo. Il film rimastoci è comunque molto interessante perché cattura l’anima della Tunisia dei primi del ‘900.

Riscopriamo così un paesaggio incontaminato, le città ancora ancorate alle vecchie tradizioni, con tribù di beduini e vestiti dai tratti esotici. Non può che tornare in mente l’ambientazione indimenticabile di Lawrence d’Arabia (1962). Rex Ingram era comunque molto legato al Nord Africa tanto che altri due film sono stati girati qui: The Garden of Allah (1927, girato in parte in Algeria) e Baroud (1933, girato in Marocco). Ad essere molto coincisi, la storia narra della conversione di Jamil Abdullah Azam (Ramón Novarro), guida musulmana, al cristianesimo per conquistare l’amore della giovane Mary Hilbert (Alice Terry), figlia del capo missionario locale. Questo quadro è inserito all’interno di una sorta di complotto di stato contro i beduini locali attraverso un orribile piano di sterminio degli orfani della missione cristiana.

Il finale è purtroppo andato perduto ma è facile immaginare un lieto fino con l’avvenuta conversione e il felice matrimonio. La tematica è molto interessante e per certi versi attuale: in alcuni paesi arabi la conversione ad un’altra religione è ancora vista come un tabù e sono all’ordine del giorno notizie di stermini delle minoranze cristiane in alcune aree più estremiste. In questi ultimi mesi la minaccia dell’ISIS si sta facendo sempre più incombente nei confronti dei grandi paesi europei e la Francia è stata la prima a pagarne le conseguenze. Per quanto riguarda The Arab è facile intuire lo spirito che animava il film. Negli anni ’20 non c’era sempre il politicamente corretto ed è facile intuire come la religione cristiana fosse vista come nettamente superiore nei confronti di quella musulmana. Al contempo dalle immagine traspare un genuino interessamento da parte di Rex Ingram nei confronti del paese che fa da cornice agli eventi.

Questo naturalmente potrebbe rientrare nell’ultra noto desiderio del pubblico di conoscere culture estranee che, all’epoca in cui i voli di linea non erano neanche lontanamente concepibili, era una componente essenziale che spingeva ad andare al cinematografo. Al di là di tutto questo The Arab lascia nello spettatore delle ottime sensazioni, nonostante la mancanza di un finale. L’auspicio di chiunque ha assistito alla proiezione è quello di poter un giorno ritrovare il frammento mancante. La speranza, si sa, è sempre l’ultima a morire.

Yann Esvan