Si è spento negli scorsi giorni lo storico del cinema Gianni Rondolino. Il cordoglio universale e le manifestazioni di affetto che immediatamente hanno circolato nel web e sui media dimostrano meglio di qualsiasi attestato istituzionale la stima che il popolo cinefilo e accademico ha provato per un decano come lo studioso torinese. Tra i pochi a unire lo sguardo da critico, il piglio da storiografo, la facilità del divulgatore, la lungimiranza dell’organizzatore culturale, Rondolino ha molti meriti, tra cui quello di aver fatto lavorare insieme il meglio della sua città, Museo del Cinema e Università, Festival e Associazioni Culturali. La sua storia del cinema, rimasta davvero “mitica”, è a tutt’oggi più che affidabile, anche se di volta in volta si era detto che sarebbe stata superata da nuovi approcci. Per il nostro sentito addio, dopo il salto offriamo due diversi ricordi, quello di Lorenzo Pellizzari – storico della critica – e quello di Roberto Silvestri – maestro critico militante.

“Muore a Torino, all’età di 83 anni, Gianni Rondolino, nato nella stessa città il 13 gennaio 1932. Espressione come pochi della torinesità sin dai tempi dell’Università quando nel 1959 crea e dirige la rivista Centrofilm (suoi un McLaren, 1959, e un Aleksandrov, 1960), il miglior e più duraturo esempio di pubblicazioni del genere. Senza soluzioni di continuità, da brillante studente a docente, sino alla cattedra di storia e critica del cinema con la quale pare identificarsi. Ma non è accademica la sua Storia del cinema d’animazione (Einaudi, 1974, nuova ed. 2004) che ne mette acutamente in luce le lontane origini, critica fortemente la produzione Disney e predilige le opere meno commerciali e più sperimentali. Curatore del curioso Catalogo del cinema italiano 1945-1980 (Bolaffi, 1976-1980), lo si ricorda per un meritorio Vittorio Cottafavi: cinema e TV (Cappelli, 1980), per due appassionati omaggi al muto (Torino come Hollywood 1896-1916, Cappelli, 1980, e I giorni di Cabiria, Lindau, 1993). per due importanti sebbene talora reticenti biografie critiche (Visconti, UTET, 1980, e Roberto Rossellini, UTET, 1989), nonché come critico di La Stampa. Ancora maggior rilievo acquista fondando nel 1981, con Ansano Giannarelli, il Festival Cinema Giovani, diventato poi Torino Film Festival, che ancora una volta conferisce alla sua capitale subalpina una centralità nazionale, ma il suo sogno non viene compreso sino in fondo dalle istituzioni che nel 2006 lo costringono, non senza duri scontri, a lasciare anche la presidenza della relativa associazione (a favore del più “spendibile” Nanni Moretti). Qualcuno lo ricorda come “il padre di Fabrizio”, noi preferiamo ricordarlo come il padre di Nicola, che lo ha dolorosamente preceduto di tre anni. Ciao, Gianni, e un abbraccio a Lina.” (Lorenzo Pellizzari)

 

“Gianni Rondolino era bravo simpatico e radicale. Storico del cinema e critico eccellente della Stampa, amava molto Visconti e Rossellini (gli ha dedicato due imponenti monografie), indagava gli incroci tra le immagini cinematografiche e musicali era appassionato di cinema muto e veniva sempre a Pordenone per mettere in discussione certezze e gerarchie. Era curiosissimo anche dei nuovi linguaggi anche se un po’ troppo ostile (quasi come Ciment e quelli di Positif)  ai nuovi narratori horror, ai cannibali come Carpenter o Cronenberg o Henenlotter o Yuzna, che, dall’America, stavano raccontandoci un mondo che diventava molto più pericoloso di quello che lui aveva biograficamente conosciuto e affrontato (e che pure non era uno scherzo, il nazifascismo, i plumbei anni della democrazia cristiano-integralista).
Eppure dietro le rassegne di cinema horror estremo c’era sempre lui. I cine club della città, come il Movie club e il gruppo di agit prop dell’Aiace, non avevano certo lavorato invano.
Rondolino ha fatto molto per la città, non c’è torinese esperto di cinema o cineasta (pensiamo a Gaglianone o a Corrado Franco, a Badolisani o a Emanuela Piovano) che non abbia ricevuto da lui spinta e entusiasmo di ricerca,  ed è stato ripagato, in questi ultimi anni, nel solito modo. Con il festival dell’ingratitudine subliminale.
Rondolino era stato infatti uno dei creatori, quasi 50 anni fa, prima di una rivista sulfurea e importantissima, Ombre rosse. Poi nel decennio 80 del fertile festival cinema Giovani di Torino. Intanto la rivista aveva chiuso, dopo il riflusso post sessantottino che porto’ anche alla chiusura di Lotta continua, che era il quotidiano a lei più vicino, e molti della redazione passarono a un impegno piu’ accademico (Bertetto, Tinazzi, Rondolino) o più circostritto alla pratica del festival, perché si aprivano spazi istituzionali solcabili dopo la bomba atomica spirituale lanciata da Nicolini a Roma  (Gianni Volpi) o alla deriva solitaria e qualche volta “scandalosa” (Goffredo Fofi) . SeFilmcritica era il nostro Cahiers du cinéma, Ombre rosse era il nostro Positif. Più serio (ma anche in senso trombone) politicamente. Meno coraggioso linguisticamente anche se Morando Morandini, Bruno Torri, Piero Arlorio e Edoarda Masi arricchirono via via la redazione e ne facero una rivista indispensabile, aperta soprattutto ai tre mondi incandescenti di quegli anni (Brasile e America Latina tutta, Africa, Asia…) e poi ad altre arti e alla politica e al costume (Luigi Manconi, Porci con le ali etc…)..
Poi Rondolino dal festival che aveva co-creato (con un gruppo di personalità torinesi della cultura come l’esercente Ventavoli e il cineasta Giannarelli) fu fatto fuori non elegantemente, dopo una campagna stampa locale piuttosto provinciale, ennesima tragedia piccolo-shakespeariana, coordinata dal suo allievo Alberto Barbera e da un altro suo allievo, Stefano Della Casa  (non senza polemiche e guerre civili in una città incapace di riciclarsi da industriale a digitale senza ripetere vecchi schemi autoritari) che oggi lo dirige, indirettamente, come responsabile artistico del Museo del Cinema e di tutti i festival cinematografici finanziati dalle istituzioni pubbliche locali. Si trattò di uno scontro tra festivi e quaresimali, come vollero farci credere? No. Fu uno scontro tra due linee culturali divergenti. Una troppo concentrata sul paese e una aperta al mondo e disinteressata alle beghe politiche interne. Una collegata a ministeri e assessorati (che pagano e che vogliono dunque riscontri e sicurezza immaginaria) e l’altra lasciata libera di far cultura “autonomamente”. Evidentemente quegli spazi di libertà si stavano rinchiudendo, da noi. Turiglietto collaborerà successivamente a festival di ricerca internazionali (da Locarno a Lisbona-Estoril). Nicolini era definitivamente morto e sepolto. Adesso quel festival non è più giovane, è ormai, se non vecchio, troppo esperto. Dopo le direzioni “veltroniane” (in senso cattivo, perché Veltroni si è prefisso di distruggere da pessimo ministro dei beni culturali i piccoli festival con la stessa arroganza con la quale ha voluto eliminare prima i piccoli partiti alla sua sinistra e poi la sua stessa sinistra) dei registi Nanni Moretti e Gianni Amelio, la critica Emanuela Martini lo dirige oggi con altrettanta competenza e diligenza dei due registi illustri, e con la eccentricità che ha dato immagine e prestigio al Bergamo Film Meeting. (…) Rondolino lo presiedeva con spirito estremamente libertario. Oggi svanito. Ma se oggi Torino, a livello di cultura cinematografica, è quello che è, cioé è tornata ad essere, come all’epoca dell’epoca muta, un punto di riferimento culturale e produttivo alto, molto del merito si deve proprio a lui e al suo magnifico gruppo di pionieri. Non solo critici cinematografici molto agguerriti e competenti, ma operatori culturali capaci di incidere profondamente nel tessuto della città. C’era Cases che veniva al festival, Volpi, Baldelli, Gobetti, Negarville, Bruno Torri……” (Roberto Silvestri)