In occasione dell’uscita di Gli amanti passeggeri, in versione originale sottotitolata al Lumière, una breve rassegna critica delle recensioni più interessanti comparse sul web. Il film appassiona, divide, e viene accolto in modo controverso, come del resto è accaduto a tutte le opere di Almodovar. Ecco un assaggio:

Secondo Gabriele Niola su “Bad Taste”: “Il regista spagnolo sostiene di essere tornato agli anni ’80 e per certi versi è vero, Gli amanti passeggeri è meno un film fluido, pastoso e denso di sentimenti ma più un oggetto camp e frivolo, un apparente divertimento che trova gusto nella provocazione e nell’esibizione di un punto di vista libertario attraverso il sesso. (…) La trama che Almodovar usa come pretesto per esibire lo scollamento che esiste sempre nei suoi personaggi tra testa e corpo, tra ciò che si è dentro e come si appare fuori, è ancora una volta finalizzata ad una risoluzione verso il piacere (qualcuno perde la verginità, qualcun altro si scopre omosessuale), eppure nella serie di scenette comiche che compongono Gli amanti passeggeri esiste un senso di attesa quasi metafisico che è inedito”.

Invece Francesca Fiorentino su Movieplayer: “Gli amanti passeggeri è pervaso da un incontrollabile furore erotico, una sorta di delirio organizzato, unico antidoto possibile per il cineasta alla paura della morte, al terrore del vuoto che circonda questo gruppo di ‘naufraghi’ senza patria. Dici commedia e subito pensi ad un cronometrico gioco di incastri che dovrebbe nutrirsi della paradossalità delle circostanze più illogiche e burlarsi delle umane miserie, magari regalando qualche sorriso, pur se amaro. (…) Che il confusionario e caleidoscopico mondo del regista della Mancha sia diventato ormai il suo universo, la sua matrice, è evidente, ma in questo caso rischia di essere il pretesto per una sterile ripetizione dei suoi stilemi. Il film è multicolore e grottesco, come ci si aspetta da una pellicola di Almodòvar, ma non riesce a trascinare come ci si poteva immaginare”.

Natalia Aspesi su “Repubblica”: “Il film non va a Cannes, e la critica  spagnola è stata piuttosto crudele, lo ha bollato come falso,  consunto, naif, percorso da uno humour infantile, scatologico,  dedicato a un tipo di trasgressione sessuale che da tempo non  scandalizza più, che la realtà ha superato. Ma non  è davvero così: in quell’aereo c’ è il presente,  ci sono le situazioni di oggi, civili e incivili, dal matrimonio  gay alla grande truffa finanziaria, dalla smania erotica dei  potenti al commercio ricattatorio dei loro peccati.  Deliberatamente nel film non viene mai nominata la crisi  economica, che, dice Almodovar, non sta fermando il mondo.  Infatti l’aereo non trova una pista dove atterrare perché  tutti gli aeroporti spagnoli (o europei), sono intasati a causa  di eventi ludici, sportivi, di sicurezza internazionale: per il  regista, il film è una metafora della società  spagnola guidata dal suo attuale governo che vive una situazione  di rischio galoppante in attesa di un atterraggio di fortuna”.

Marzia Gandolfi su Mymovies: “In un tourbillon di lacrime, desideri, turgori, umori, eccessi, cadute, impennate, punti esclamativi ritmici e coreografici, Almodóvar cortocircuita personaggi, destini e dialoghi fino all’appagamento nell’amplesso. Perché il suo cinema non conosce scacco e trova sempre soddisfazione, rimandando la morte o raggiungendo il massimo piacere nel suo approssimarsi.  Lasciata la casa e la città, collocazioni ideali della sua filmografia, l’autore spagnolo pratica l’autoerotismo a cinquemila metri di altezza, invitando i suoi attori a una sessualità gioiosa. Lo sanno bene Javier Cámara, Carlos Areces e Raúl Arévalo, steward ineguagliabili e gaissimi dentro un crescendo musicale. Sulla pista restano invece gli attori di ieri, amabili zavorre e indissolubili legami. Assegnati ai blocchi e al trasporto bagagli, Penélope Cruz e Antonio Banderas sono comparse ‘gravide’ di (altre) storie”.