Qual è il significato di questo film? “Ognuno è libero di speculare a suo gusto sul significato filosofico del film, io ho tentato di rappresentare un’esperienza visiva, che aggiri la comprensione per penetrare con il suo contenuto emotivo direttamente nell’inconscio”. Questa fu la risposta di Kubrick a un giornalista, poco dopo l’uscita del film nelle sale nel ’68. Mi sento quindi legittimata, da Kubrick stesso, a non aver capito pienamente il film. Era questo infatti il suo obbiettivo: far si che la gente non riuscisse a darsi delle spiegazioni, che rimanesse sempre in dubbio soprattutto per quanto riguarda gli ultimi venti minuti di film. Egoista forse da parte sua non volere spiegare a noi poveri umani il suo film, ma forse, come tutti i grandi geni, neanche Kubrick sarebbe riuscito a illuminarci su cosa frullava nella sua mente contorta durante lo shooting del film.

La storia non è lineare e non vuole esserla: è un insieme di emozioni visive e  sonore: la pellicola di 70 mm proiettata sul grande schermo di Piazza Maggiore è qualcosa di unico, e grazie al valzer  “Sul bel Danubio blu”   (Johann Strauss jr) e a  “Così parlò Zarathustra” ( Richard Strauss)  l’esperienza di ieri sera è stata veramente indimenticabile, degna dell’ultima sera della 29esima edizione del Cinema Ritrovato.

La vicenda si apre con la famosa sequenza delle scimmie che iniziano a evolversi mettendosi su due zampe e imparando a usare delle ossa come armi, idea forse indotta dalla presenza di uno strano monolite nel deserto. Una di esse lancia in aria un osso che scenograficamente si trasforma in un’astronave, introducendo la seconda parte del film, che si svolge nello spazio. Il dottor Heywood R. Floyd  è chiamato a visitare un sito sulla luna in cui è stato scoperto  uno strano monolite, e successivamente nel 2001 partirà per una missione verso Giove,  perché il monolite aveva emesso delle strane onde elettromagnetiche verso il grande pianeta.  Durante questo viaggio si ha però che il supercomputer Hal 9000, l’unico vero conoscitore dello scopo del viaggio (insieme a tre ricercatori ibernati , fra cui il dottor Floyd)  prende il sopravvento sui due piloti, uccidendone uno (Frank) e provando a uccidere anche David(Keir Dullea).

Egli però riesce a salvarsi e a disconnettere Hal, che nel frattempo ha anche provocato la morte dei tre ibernati. Qua inizia il viaggio solitario di Dave verso l’incognito, il passaggio in una sorta di buco nero che si scopre essere un tunnel spazio-temporale, attraverso il quale egli si ritrova nella famosissima stanza della scena finale, dove è presente il monolite (Il monolite, che ritorna nel film in posti e tempi diversi, cosa sta a significare? Un dio, una presenza extraterrestre, oppure simboleggia l’eterno ritorno della vita (secondo alcuni critici c’è molto del filosofo Nietzsche in questo film)?)

La presa di coscienza del supercomputer è emblematica in questo film: Kubrick è un premonitore (anche se aveva troppa fiducia nella capacità umane,  visto che solo in tempi recenti  ci si sta avvicinando  alla tecnologia avanzata di Hal) e ci avverte dei possibili rischi che si potrebbero avere andando a costruire computer e macchine artificiali sempre più avanzate.

Kubrick introduce per la prima volta il tema dell’intelligenza artificiale, è il primo che fa uso di effetti speciali ancora verosimili, e che introduce  (sempre attraverso immagini) concetti di fisica relativistica nel mondo del cinema. È questo che ha fatto di 2001 Odissea nello Spazio un film cardine della storia del cinema: essendo stato il primo a introdurre determinati concetti, è stato copiato e citato in tutte le salse, da numerosissimi film, dando al regista una fama mondiale .

Laura Cacciamani