Poche cose eccitano gli animi del cinefilo come i libri di cinema , e anche su questa testata siamo ben felici di ospitare materiali relativi all’editoria cinematografica. Oggi parliamo di un volume curato da Giulia Carluccio, America oggi (presentato alla Biblioteca Renzi Renzi insieme all’autrice), di cui offriamo l’introduzione. Il resto del libro si compone di diciotto saggi, dedicati a singoli film e opere specifiche della produzione statunitense, attraverso le quali ciascun saggista cerca di delineare i tratti caratteristici dell’immaginario hollywoodiano. Segue.

Anni Zero e oltre. Percorsi di lettura

Giulia Carluccio

America oggi. Cinema, media, narrazioni del nuovo secolo. La prima parte del titolo di questo volume fa immediato riferimento al contesto americano contemporaneo. Non si tratta solo di una specificazione di ambito geografico, volta a chiarire a quale produzione si rivolgono le analisi contenute in questo reader (dedicate a film, volti e serialità televisive), ma di una precisa indicazione di lettura. Vale a dire la proposta di rintracciare nelle scritture e nelle narrazioni prese in esame dai diciotto saggi qui raccolti i contorni di una mappa sintomatica, sia pure lacunosa e frammentaria, dell’America degli anni Zero e oltre. Un insieme di forme narrative e stilistiche, di autori e generi, di strategie produttive e convergenze mediali in grado di raccontare e mostrare alcuni aspetti (frammenti, appunto) dell’identità americana all’alba del nuovo secolo, per riprendere l’indicazione cronologica della seconda parte del titolo. Sì, perché la global Hollywood e la global America che fanno implicitamente da sfondo ai testi e contesti convocati in queste pagine, non solo non rimuovono la necessità di fare i conti con l’essere americani, con la Storia della Nazione, con la sua ideologia, ma anzi la rilanciano all’ennesima potenza, dopo il trauma dell’11 settembre che viene quasi subito a segnare indelebilmente gli anni Zero; un trauma che si è immediatamente posto come major event, sia in senso fattuale che simbolico, costituendo una soglia rispetto alla quale ogni riflessione e ricognizione sull’americannes, per tutto il decennio successivo, sino ad oggi, si è, almeno implicitamente, misurata. Non è il caso di soffermarci qui sulla portata complessiva dell’evento e sulle sue ricadute, intorno a cui si è ormai stratificata una bibliografia vastissima (di tipo storiografico, filosofico, politologico, sociologico ecc., e che ha coinvolto prepotentemente anche film e media studies, oltreché molta narrativa). Si rimanda, piuttosto, in modo mirato, ai riferimenti richiamati dai saggi che seguono.

Tuttavia, è evidente come la prima decade del secolo (e oltre) veda il cinema e i media confrontarsi in modo peculiare con il proprio contesto. Timothy Corrigan, nell’introduzione a un volume sugli anni 2000 nota: “In 1968, Stanley Kubrick’s film 2001: A Space Odissey eerily envisioned a new millenium obsessivily driven by technology and violence …When that year 2001 actually arrived, a different apocalyptic violence stunned the world as al-Qaeda terrorist crashed two hijacked jet airliners into the Twin Towers in New York City…Reflecting this uneasy and uncanny merging of film history and historical catastrophe, the first decade of the 2000s became defined by revolutions of seen and unseen violence, of astonishing and threatening technologies, of cultural and political conquests and reversals, and a wavering humanity within inhumane worlds…In this decade, American films and film genres … cyclically and centrifugally intersected with social and political worlds, giving birth to new visions, invariably stretching the terms and borders of reality, realism, and the definition of the human[1].”

E sono gli anni che dopo il nineleven hanno visto la guerra in Iraq e in Afganisthan, la fine dell’era Bush con l’elezione del primo presidente afro-americano nel novembre del 2008, la grande recessione economica del 2008-2009 ecc. In questa situazione di accelerazione e intensità evenemenziale il ruolo dei media, nel loro complesso, è stato – ed è – centrale da ogni punto di vista: come agenti e fonti della Storia, testimoni, informatori e narratori, in una situazione di interrelazione nuova, dal punto di vista tecnologico, economico, sociale ecc., in un ritrovato e – obbligato – rapporto con la realtà, oltre il postmoderno, anzi all’epilogo di questo.

Senza entrare nel merito del dibattito sul nuovo realismo e sulla fine del postmoderno (variamente evocato da alcuni dei saggi che seguono e preso in qualche modo in carico dall’impostazione che soggiace questa raccolta), è importante notare qui come il ruolo del cinema, nell’era della convergenza e dei nuovi media, nell’era del “cinema dopo il cinema”, trovi una rinnovata ragione d’essere proprio nella possibilità di agire da testimone e narratore di una realtà che preme, che è urgente, che non è più eludibile. Il cinema, la forma-film, come sostiene Roy Menarini, “non sembra messa in discussione negli anni Duemila”[2] e, anzi, sembra porsi, per certi aspetti, come forma privilegiata, in grado di esprimere riflessioni e narrazioni dense e articolate, di porsi, in questo senso, come luogo critico, come differenza[3] all’interno dell’orizzonte mediatico complessivo. Così come la forma seriale televisiva appare, per contro, la più rapida e pregnante nel cogliere le dinamiche in atto. Citando ancora Corrigan: “Television programs during the decade responded to this rapidly changing media landscape with metaphoric and real interactivities that engaged viewers in complex serializations of contemporary realities and reality contests that nervously and dangerously muddled private and public lives[4].”

Non è intenzione di questo volume riprendere e affrontare direttamente lo sfondo teorico che le questioni qui accennate, a scopo meramente introduttivo, chiamano in causa, quanto, piuttosto, attraverso una serie di letture e di percorsi di analisi, affrontare direttamente la materia narrativa di alcuni film (in misura maggioritaria) e di alcuni contesti televisivi (in due soli saggi), nel tentativo di riconoscere in determinate dinamiche produttive, stilistiche, di genere ecc. alcuni dei caratteri del cinema americano contemporaneo, ma anche una sorta di mappa sintomatologica, come si diceva in apertura, della temperatura sociale, politica, morale ecc. degli USA del nuovo secolo. Si è già detto della parzialità dell’operazione e della inevitabile frammentarietà dell’affresco che emerge. Evidentemente, si tratta di immagini tra altre possibili, nell’assoluta consapevolezza di quanti altri percorsi parimenti indicativi (e idealmente complementari) rimangono fuori. Basti pensare all’esclusione di alcuni registi che più di altri hanno raccontato gli USA dell’ultimo decennio (e prima), come i fratelli Coen o Clint Eastwood (ma molti altri se ne potrebbero citare). In alcuni casi, come quelli degli autori ricordati, la scelta è stata di rinviare implicitamente ad altre pubblicazioni recenti, che hanno peraltro coinvolto diversi degli studiosi che contribuiscono a questo volume[5]. La logica delle inclusioni ha teso soprattutto a delineare delle possibili “zone” sensibili attraverso il riferimento a casi piuttosto eterogenei, a livello produttivo o stilistico, tra autori, generi e blockbuster.

La prima sezione, Cinema, storia, politica e società, la più nutrita, esplicitamente incentrata sul “contesto”, affronta in vario modo la questione dell’americannes, a partire dai film (e dalle immagini) più direttamente collegati al trauma dell’11 settembre (Chimento, Carluccio, Donghi, Malavasi), o espressamente mirati a raccontare – significativamente oggi – la storia americana pregressa (Mattacheo, Pollone), o ad affrontare questioni di identità sessuale e sociale (Bocchi). La seconda, Scritture indipendenti, neoautoriali, indie, affronta da un lato le modalità di scrittura di personalità d’autore, come Wes Anderson (Alonge) o Tarantino (Menarini), evidenziando per esempio in quest’ultimo una dimensione specificamente politica e i caratteri propri di un American director; dall’altro le dinamiche evolutive del concetto stesso di indipendenza e di indie (Santià), riconoscendo in questo cinema le coordinate di uno sguardo preciso sulla nuova realtà statunitense, come è il caso del cinema di Jason Reitman.

La sezione Volti è dedicata al compianto Philip Seymour Hoffman (Pierini), attraverso l’analisi del suo stile di recitazione, ma anche del personaggio/dei personaggi che ha interpretato, cogliendo appieno la vulnerabilità dell’identità americana contemporanea, attraverso una serie di ritratti che toccano diversi momenti e modi di essere americani. Una sezione ulteriore è dedicata a Generi, neo generi, remake, laddove il riferimento alla comicità demenziale (Manzoli) viene sviluppato in un’analisi sottile della dimensione di decostruzione della vita sociale operata dalle dinamiche narrative del genere, mentre sul neonoir e sul remake horror vengono condotte riflessioni volte a cogliere le condizioni attuali del paradigma crimine-contesto sociale/città (Gandini) e dell’American Nightmare (Fassone). Blockbuster, supereroi, convergenze analizza l’evento mediale della Trilogia del Signore degli Anelli (Fassone) e il caso di The Dark Night (Pollone), delineando non soltanto le strategie produttive convergenti alla base dei casi in questione, ma anche evocandone lo sfondo tematico e ideologico.

Chiude il volume la sezione dedicata alle Narrazioni seriali. Da un lato l’analisi si rivolge più complessivamente allo scenario contemporaneo della serialità televisiva, mostrando come i modelli economici, le strategie di mercato, le policies influenzino non soltanto la programmazione dei palinsensti, ma anche contenuti, forme stilistiche ecc. (Brembilla-Pescatore); dall’altro viene affrontato come case study il cult Mad Men (Palmieri), rintracciandovi, insieme alle coordinate produttive, narrative e stilistiche, tematiche legate a precise questioni sociali (come abusi sessuali, omofobia, razzismo, alcolismo), colte attraverso una lente cinica e politically incorrect.

 

[1] Thimothy Corrigan, ed., American Cinema of the 2000s. Themes and Variation, Rutgers University Press, New Brunswick, New Jersey and London, 2012, p. 1.

[2] Roy Menarini, Il cinema dopo il cinema. Dieci idee sul cinema americano 2001-2010, Le Mani, Genova 201, p. 9.

[3] Senza richiamare l’ampia bibliografia in proposito, ci limitiamo qui ad alcuni riferimenti immediati: Mariagrazia Fanchi, Cinema. Grand Master. Il film nell’epoca della convergenza, in Federico Zecca (a cura di), Il cinema della convergenza. Industria, racconti, pubblico, Mimesis, Milano-Udine 2012, pp.193-204, e Luca Malavasi, Realismo e tecnologia. Caratteri del cinema contemporaneo, Kaplan, Torino 2013.

[4] Timothy Corrigan, American Cinema of the 2000s, cit., p. 4.

[5] Cfr. Giulia Carluccio (a cura di), Clint Eastwood, Marsilio, Venezia 2008 e Giacomo Manzoli (a cura di), I Coen, Marsilio, Venezia 2013.