Per l’ultimo giorno del “paradiso dei cinefili” era stato annunciato un film a sorpresa, e le aspettative non sono state di certo deluse: la pellicola misteriosa era Fantasia di Walt Disney. Anno 1940, c’è chi ha definito questo classico dell’animazione mondiale come le nozze di Disney con la Cultura. Sette episodi, o meglio Silly Symphonies su partitura classica, intervallate dalle apparizioni del maestro Leopold Stokowski, di Mickey Mouse e della Philadelphia Orchestra, che accorda gli strumenti fra giochi di controluci e colori. Disney decide di iniziare da Bach, proponendo coraggiosamente dieci minuti di astrattismo a un pubblico di bambini. Si passa poi a Tchajkovskij, con le varie danze (quella dei funghi, quella dei flauti, la cinese, la russa e il valzer dei fiori) sulle note de Lo schiaccianoci. Senza troppa coerenza con i due episodi precedenti ecco entrare in scena Topolino nel celeberrimo Apprendista stregone, che lascia poi il posto a Stravinskij in una storia che va dall’origine della Terra fino all’estinzione dei dinosauri, più che altro una lezione illustrata sulle teorie evoluzioniste, mal viste al tempo negli USA. Dopo aver incontrato la colonna sonora, personificata in una linea retta che taglia in due lo schermo e cambia aspetto a seconda dello strumento che si esibisce, è il turno di Beethoven con la Pastorale, ambientata in un dionisiaco mondo dell’antica Grecia popolato dalle creature più note della mitologia classica. Centaure e centauri che si accoppiano in base ai richiami cromatici, premurosi cupidi e dei.

A prendersi cura della bellezza delle centaure c’è poi, in questa copia del 1968 conservata alla Filmoteca di Madrid e proiettata al cinema Arlecchino, un personaggio oggetto della censura postuma alla morte di Disney: una piccola centaura nera che compie mansioni da serva. Per questo, e non  solo perché è una delle poche copie di Fantasia non alterate, questa proiezione è stata così importante: abbiamo avuto la possibilità di venire a contatto con un personaggio che il politically correct ha, nel corso dei decenni, lasciato nell’oblio.

Luciano Berriatua, che ha tenuto durante il festival un incontro su Fantasia e ha introdotto la visione del film, ha precisato come quello che è stato proiettato non sia un restauro bensì una copia, di cui è stato fatto il DCP. Questa copia è destinata a rovinarsi ogni volta che si mostra, ed è quindi un tesoro che va gelosamente custodito. Ogni qualvolta il film è stato riproposto nelle sale, ad esempio dopo il restauro in occasione del cinquantesimo anniversario dall’uscita, qualcosa rispetto all’originale è stato modificato perché non si è intervenuti sotto un’ottica di preservazione del patrimonio, ma  seguendo le mode del momento, quindi intervenendo sull’estetica dei colori e abbassandosi a un restauro di tipo commerciale.

Il film continua con il balletto di alligatori, ippopotami struzzi ed elefantesse e si chiude con l’Ave Maria di Schubert. Anche se duramente criticato e inizialmente poco apprezzato, Fantasia ha fuso immagini e suoni che, ci piaccia o no, sono indelebili nella memoria collettiva.

Beatrice Caruso